“Il caso clinico che mi appresto a descrivere riguarda un paziente di 31 anni in buona salute. Riferiva comparsa di febbre, tosse, astenia generalizzata, alcuni giorni dopo aver partecipato ad una festa nuziale. Avendo scoperto che anche altri convitati avevano manifestato sintomi simili si era recato in farmacia con il coniuge, risultando entrambi positivi al Covid”.

Inizia così il racconto su Facebook di Francesco Papappicco, medico del 118. “Coniuge asintomatico – continua. In giornata chiamano il 118 preoccupati del risultato al test rapido. Giunti sul posto ci riferiscono di esser già vaccinati con doppia dose da qualche mese. All’esame obiettivo paziente eupnoico, saturazione 100 %, febbre, qualche colpo di tosse, debolezza, ecg nella norma. In pronto soccorso viene confermata la positività al tampone di triage e segue ricovero-obi nella zona predisposta”.

“Accertata l’integrità del quadro polmonare ed effettuati gli esami del caso, il giorno dopo è seguita dimissione con terapia a domicilio e prosecuzione della quarantena con le opportune indicazioni fino a negativizzazione – spiega Papappicco -. In generale, ho l’impressione che non sia ancora passato il seguente concetto, per il quale vorrei fosse ‘chiaro e distinto’ il messaggio che – la vaccinazione serve a ‘immunizzare’ cioè a far sì che il nostro organismo produca anticorpi ovvero quelle difese specifiche pronte ad attaccare e neutralizzare il virus “X” che sfortunatamente dovessimo introdurre respirando, ad esempio in occasioni conviviali a stretto contatto con altre persone (questa è la fase di ‘contagio’) come nel caso illustrato.

“Allo stato dell’arte il vaccino dunque non evita il contagio come invece ancora oggi molti pensano, sbagliando – conclude -. Se ci si vaccina si offre al sistema immunitario la possibilità di farsi trovare preparato a riconoscere immediatamente le ‘impronte digitali’ del virus in modo da bloccarne la diffusione già durante le primissime fasi di contagio e dunque la malattia polmonare o la sindrome multiorgano gravi (da rianimazione o terapia intensiva) e in tanti casi mortali. Dunque una volta chiariti i due concetti di vaccino e contagio risulta semplice dedurre che intanto ci si vaccina proprio perché ci si può contagiare. La differenza sarà, come si dice in gergo, ‘quoad valetudinem’ e ‘quoad vitam’ ovvero un decorso di malattia presumibilmente più leggero, migliori chances di guarigione completa e rapida, così come per la prognosi di sopravvivenza”.