Emergono nuovi dettagli sul pentimento del boss di Carrassi, Vincenzo Anemolo, che ha deciso, qualche giorno fa, di diventare collaboratore di giustizia. Una decisione probabilmente maturata dopo essere venuto a conoscenza dei racconti di un altro collaboratore di giustizia, Donato Di Cosmo, commerciante di prodotti ittici che aveva collaborato al fianco di Anemolo per reati di estorsione, il cui nome è spuntato tra quelli dei furbetti del reddito di cittadinanza.

Dalla testimonianze rilasciate alla Dda di Bari, Di Cosmo ha svelato alcuni episodi che hanno permesso di tracciare un identikit del boss di Carrassi. Tra questi un piano per far fuori un affiliato, reo di aver avanzato alcune richieste eccessive: l’uomo sarebbe stato ucciso con una fiala di veleno e il suo cadavere sarebbe stato fatto sparire grazie ad un accordo con un autista di ambulanze.

Secondo quanto emerso l’ambulanza appartiene a una associazione privata di Bari e quel giorno era il gestore dell’associazione a guidare il mezzo, nome che è stato fatto dal pentito davanti al pm Marco D’Agostino.

Tutto ha avuto inizio con l’omicidio di Fabiano Andolfi, avvenuto a Carrassi il 14 gennaio del 2018. Ad ucciderlo a colpi di pistola, su commissione di Anemolo, è stato Filippo Cucumazzo che per mantenere il silenzio aveva alzato la posta. Dai verbali si legge che Anemolo lo aveva accontentando raddoppiando la quota settimanale e regalandogli un Suzuky Ignis e un motociclo Beverly.

Nonostante i regali al killer non è bastato tutto ciò ed era stato deciso di ucciderlo. Per questo Anemolo, secondo quanto si legge negli interrogatori, aveva consegnato a Giuseppe De Benedictis una fiala contenente del veleno, che Cucumazzo doveva versagli nella vodka.

“Quando iniziava a sentirsi male – racconta Di Cosmo – doveva chiamare l’ambulanza, ma non il 118, ma quella guidata dal volontario dell’associazione barese. Dopo di che Cucumazzo doveva essere buttato da qualche parte”. Tutti particolari che il pentito dice di aver visto con i proprio occhi perché presente alla consegna della fiala e alla chiamata fatta al volontario, istruito sul da farsi.

Il piano dell’avvelenamento però non si è realizzato, neanche il tentativo di uccidere Cucumazzo a colpi di pistola, perché sia De Benedictis che Caputo vennero arrestati mentre lo cercavano. Il nome dell’uomo alla guida dell’ambulanza non rientra tra quelli dell’omicidio di Andolfi.

Sul nome dell’autista, però, si sofferma l’attenzione degli inquirenti in quanto durante gli interrogatori di Di Cosmo c’è anche un passaggio nel quale spiega di aver ricevuto messaggi intimidatori dalla moglie dell’autista dopo che nel quartiere si è diffusa la notizia della collaborazione.