Operata d’urgenza per la riparazione di una fistola esofago-tracheale, complicanza del lungo ricovero per Covid19. Una donna di 36 anni, che nei mesi precedenti era stata ricoverata in gravi condizioni e intubata con sostegno ventilatorio prolungato, ha sviluppato uno stato di insufficienza respiratoria acuta secondaria ed è stata salvata dai medici del Policlinico di Bari.

A intervenire è stata l’equipe dell’unità di Chirurgia toracica diretta dal professor Giuseppe Marulli: gli specialisti hanno rimosso la anomala connessione tra trachea ed esofago impedendo che gli alimenti arrivassero fino ai polmoni.

La donna, a causa del Covid, era stata sottoposta a intubazione e a successiva tracheostomia. Una volta negativizzata ed estubata, però, a distanza di giorni si è manifestata una fistola tracheo-esofagea, ossia una anomala comunicazione tra trachea ed esofago.

La 36enne è la paziente più giovane operata chirurgicamente per complicanze respiratorie post Covid, ma non è stata l’unica. Sono stati oltre trenta i trattamenti eseguiti dall’unità di Chirurgia toracica del Policlinico di Bari legati ad intubazioni prolungate e a tracheostomie che hanno portato come complicanze tardive ad ostruzioni, stenosi e fistole a carico delle vie aeree.

“Abbiamo curato molti pazienti in maniera conservativa con applicazioni laser di ultima generazione, che consentono di rimuovere le cicatrici e dilatare il restringimento tracheale- spiega il prof. Marulli – Questo trattamento conservativo, però, non è sempre sufficiente. Così siamo dovuti intervenire chirurgicamente con interventi di resezione tracheale, posizionamento di endoprotesi della trachea o riparazione delle fistole esofago-tracheali”.

Sono stati due gli interventi chirurgici di riparazione di fistole, tre di resezione, tre di protesi e quasi una ventina i trattamenti conservativi eseguiti negli ultimi mesi.

I pazienti, tutti ricoverati in terapia intensiva/rianimazione per periodi medio-lunghi a seguito di Covid, avevano un’età compresa tra i 36 e i 76 anni. Quasi tutti arrivati in stato di insufficienza respiratoria acuta per la riduzione del lume (lo spazio libero) della trachea il cui diametro, normalmente di 12-13 millimetri, si era ridotto fino a 3 millimetri.

“Queste complicanze post Covid sono estremamente frequenti perché c’è stato un elevato numero di pazienti che hanno avuto bisogno di intubazione oro-tracheale – spiega ancora Marulli – Dall’inizio della pandemia ci siamo occupati sia delle problematiche acute legate all’intubazione (pneumotorace/ostruzioni bronchiali) con il posizionamento di drenaggi pleurici e con la disostruzione broncofibroscopica delle vie aeree; sia, nel post Covid, della gestione di una serie di complicanze della via aerea attraverso interventi chirurgici possibili solo in centri di altissima specializzazione”.