Da mercatino dell’usato alla più grande discarica a cielo aperto di Bari, forse d’Italia, il passo è lungo, molto lungo. Mesi e mesi ad accumulare materiale di ogni tipo, la maggior parte altamente infiammabile, in seguito allo svuotamento di cantine e traslochi. Siamo al 54 di via Bruno Buozzi, in quella che un tempo era una concessionaria, proprio in mezzo a due distributori di carburante.

Chi ci è stato è rimasto sconcertato, soprattutto perché la discarica è abitata. In tende e roulotte vivono alcuni degli operai di colore che lavorano per conto dell’imprenditore, a detta dell’avvocato regolarmente assunti.

La tenda azzurra in mezzo a tonnellate di legname è impressionante. Una bomba ecologica innescata, che potrebbe causare un disastro da un momento all’altro. Nell’area adibita allo stoccaggio ci sono anche tre o quattro baracche usate come deposito e poi una mezza dozzina di automezzi.

Arriviamo insieme all’anziano incontrato in via Ascianghi qualche tempo fa. Nel furgone scassato una quindicina di cartoni pieni di materiale recuperato ovunque da mandare con un container in Senegal. Una situazione pericolosa di cui, sempre stando a quanto riferito dal titolare e dal suo legale, le istituzioni sono a conoscenza.

Certo, non si comprende perché l’Amiu, la municipalizzata barese per l’igiene urbana debba andare a ripulire l’enorme discarica a cielo aperto, ormai visibile dall’esterno. Matteo, l’imprenditore, ha dato la sua versione. Di sicuro quel disastro non si è creato in pochi mesi. “Ho stipulato un contratto con un’azienda di Fasano, incaricata di ripulire – spiega al telefono – l’azienda di Capurso che si occupava dello sgombero del materiale da discarica a causa del Covid ci ha lasciati in difficoltà”. Staremo a vedere cosa succede, ma qualcosa deve succedere. Subito.