“Sono stato pesantemente vessato da delinquenti e giudici disonesti. Per aver evitato di farmi coinvolgere in una truffa da 4,5 milioni di euro ai danni dello Stato, ho perso la casa e devo pagare circa 100mila euro di spese processuali. Il mio caso dimostra che i giudici baresi sono più forti della evidenza dei fatti, che fanno quello che vogliono, che favoriscono i truffatori, disconoscendo consapevolmente le leggi ed i diritti del cittadino, incuranti delle devastanti conseguenze che producono le loro vergognose sentenze”.

Inizia così il racconto di Salvatore, che ha protestato questa mattina davanti al Tribunale di Bari, incatenandosi. “Nella città di Molfetta vi sono due edifici di Edilizia Residenziale Pubblica di proprietà comunale alla via Aldo Fontana civici 11 e 13, edificati prima del 2003, sui quali non è mai stato eseguito alcun intervento edilizio – spiega -. La legge n.376 del 29.12.2003 ‘Finanziamento di interventi per opere pubbliche’ indicò il Comune di Molfetta quale destinatario di un finanziamento pubblico di complessivi 4,5 milioni di euro, per la realizzazione dell’intervento denominato ‘Palazzine A. Fontana’. Il suddetto finanziamento è stato utilizzato per demolire e ricostruire cinque palazzine di edilizia privata che si trovavano in altra via, denominata prolungamento via Aldo Fontana, civici 13-15-18-22-23 ( 1 ), per le quali non vi era alcuna ragione di finanziamento pubblico. Nella palazzina 13 di Prolungamento via Aldo Fontana era situata l’unità abitativa di mia proprietà. Le predette palazzine di proprietà privata furono interessate da problemi strutturali ritenuti gravi. A seguito dell’intervento del Comune di Molfetta e della relativa istruttoria tecnica, il 7.10.2004 fu emessa l’ordinanza sindacale di sgombero della palazzina 13”.

“L’ordinanza di sgombero fu adottata, nell’ambito della discrezionalità tecnica ed amministrativa della pubblica amministrazione, sul presupposto della piena sanabilità dei vizi strutturali della palazzina 13: con essa fu disposto lo sgombero della palazzina solo per ragioni di sicurezza, ed assegnato ai proprietari un termine per la presentazione del progetto di restauro, al fine di recuperare pienamente le condizioni di agibilità ed abitabilità degli alloggi – si legge nella lettera arrivata in redazione -. Successivamente a detta ordinanza di sgombero non furono effettuati ulteriori accertamenti statici sulle palazzine, e non fu notificato ai proprietari degli alloggi alcun ordine di demolizione. Qualora le reali condizioni statiche della palazzina 13 fossero state tali da ingenerare dubbi sulla possibilità di risanare efficacemente le strutture, l’amministrazione comunale, invece di ordinare il ripristino delle condizioni di sicurezza ed abitabilità degli alloggi, avrebbe dovuto avviare un procedimento amministrativo volto alle necessarie approfondite e complete verifiche tecniche-strumentali delle strutture. Verifiche che, al fine di assicurare l’esercizio del diritto di partecipazione al procedimento amministrativo, e nel rispetto del diritto di proprietà, avrebbero dovuto svolgersi nel contraddittorio tra le parti. Se tali verifiche avessero escluso la possibilità di riparare efficacemente la palazzina 13 non mi sarei permesso il lusso di fare causa per il risarcimento dei danni. La demolizione e ricostruzione parziale della palazzina 13 sono state decise autonomamente dai condòmini e delegate al Comune di Molfetta tramite la sottoscrizione di una convenzione che prevedeva l’illecita utilizzazione del finanziamento della legge n. 376/2003 per la realizzazione della operazione”.

“Non ho mai sottoscritto detta convenzione. Il diritto di proprietà dei singoli alloggi costituiva certamente un diritto individuale, che non atteneva affatto alla sfera condominiale, ma spettava, uti singulus, a ciascun proprietario – continua -. In assenza del mio consenso, il Comune di Molfetta ha proceduto alla demolizione e ricostruzione della palazzina 13, violando le norme, anche di rango costituzionale, che tutelano il diritto di proprietà (art. 42 Cost. e art. 832 cod. civ.). I proprietari degli alloggi sono stati raggirati: la loro decisione di abbattere e ricostruire gli edifici è derivata dall’errato convincimento che fosse lecita l’utilizzazione del finanziamento della legge n. 376/2003, e che fosse economicamente più conveniente abbattere e ricostruire gli edifici, poiché l’esborso a carico di ciascun proprietario necessario per il completamento degli alloggi sarebbe stato esiguo (circa 5.000 euro). Non ne hanno ricavato alcun vantaggio economico. I nuovi alloggi sono stati riconsegnati ai proprietari allo stato rustico. Sarebbe stato molto più conveniente riparare gli edifici. Vi sono le prove certe che l’edificio era facilmente riparabile. La riparazione avrebbe richiesto un esborso di molto inferiore a quello che i proprietari hanno dovuto sostenere per il completamento integrale dei nuovi alloggi (circa 50mila euro per ogni singolo alloggio)”.

“È difficile credere che i malfattori che hanno ideato e realizzato la fraudolenta operazione (che ha comportato un enorme ed inutile spreco di denaro pubblico) non hanno lucrato vantaggi. Dietro lo spreco di denaro pubblico c’è sempre il profitto dei disonesti. Ho convenuto in giudizio il Ministero dell’Interno, il comune di Molfetta e l’ing. Vincenzo Balducci (in qualità di dirigente dell’Ufficio Tecnico Comunale), chiedendone la condanna in solido per il risarcimento dei danni subiti a seguito della demolizione dell’ alloggio di mia proprietà e della ordinanza di sgombero, assunta illegittimamente dal sindaco – afferma -. Con sentenza n. 818/2016 il Tribunale di Bari, Prima Sezione Civile, ha rigettato integralmente la mia domanda risarcitoria. Con sentenza n. 138/2020 la Corte d’Appello di Bari ha respinto l’impugnazione, confermando integralmente la sentenza di primo grado. 4 Ai malfattori conveniva così, per nascondere la verità e per colpire pesantemente chi non si è piegato al loro volere paramafioso. Il giudice di primo grado ha basato il rigetto della domanda risarcitoria relativo ai danni causati dalla demolizione del mio alloggio sulla mancata impugnazione della ordinanza di sgombero (che fu emessa in funzione del risanamento della palazzina 13 e non certo per la sua demolizione), trascurando di considerare che non avevo all’epoca alcuna ragione di temere che la mancata impugnazione del provvedimento potesse addirittura favorire la demolizione dell’edificio”.

“La Corte d’Appello ha erroneamente ritenuto che l’amministrazione comunale avesse adottato una ordinanza di demolizione; e ciò nonostante l’inesistenza di un’ordinanza di demolizione fosse pacifica, allegata come fatto costitutivo, provata e ribadita più volte. I giudici baresi, pur sollecitati al riguardo, hanno ritenuto legittima l’operazione di demolizione e ricostruzione della palazzina 13, malgrado non avessi affatto conferito alcun mandato al Comune di Molfetta e malgrado l’operazione fosse palesemente illecita, perché fondata sull’utilizzo di denaro pubblico per scopi privati. I giudici, ritenendo implicitamente che fosse impossibile risanare efficacemente la palazzina 13, e che l’immobile di mia proprietà avesse di conseguenza un valore economico pressoché nullo, facendone derivare l’insussistenza dell’an debeatur delle domande risarcitorie, hanno illegittimamente sostituito le proprie valutazioni tecniche a quelle dell’amministrazione comunale – conclude -. Per motivi di brevità non indico gli altri macroscopici vizi delle sentenze. Sulla base dei fatti storici suesposti, tutti dedotti in giudizio, provati ed evidenziati chiaramente e ripetutamente nell’atto di citazione e nei successivi scritti difensivi, chiunque comprende che ho subito sentenze assurde e vergognose, e che soltanto giudici in malafede possono non riconoscere il mio diritto al risarcimento dei danni subiti. Un altro motivo di indignazione è che l’Avvocatura dello Stato, per il Ministero dell’Interno, sostenendo l’infondatezza della mia richiesta di risarcimento dei danni subiti, si è schierata processualmente al fianco dei truffatori. Le mie segnalazioni e richieste di aiuto sono cadute nel vuoto. Con esposti del 20.1.2006 e 24.2.2006 ho chiesto l’intervento dei Carabinieri e della Procura della Repubblica di Trani, al fine di impedire l’illegittima demolizione dell’alloggio di mia proprietà. Il 15.3.2019 ho segnalato la truffa ai danni dello stato alla Corte dei Conti – Procura Regionale della Puglia, al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e alla Guardia di Finanza – Comando Tenenza di Molfetta. Ho segnalato l’assurdità ed ingiustizia della sentenza di primo grado al Presidente del Tribunale di Bari, al Presidente della Corte di Appello e al Ministro della Giustizia. Le sentenze hanno devastato la mia esistenza. Ora sono senza casa e senza alcun risarcimento del danno per la sua perdita. Sono stato condannato alla refusione delle spese processuali dei due gradi del giudizio (oltre al rimborso delle spese generali, IVA e CAP) ed alle spese per la consulenza tecnica d’ufficio. Aggiungendo gli onorari del mio difensore ed i contributi unificati, si ha un totale di spese che devo sostenere di circa 100.000 euro. Lo Stato italiano non può permettere che la mia vita sia rovinata per aver evitato di farmi coinvolgere in una truffa ai danni dello Stato”.