Paolo Biallo e Savino Parisi sono stati assolti dalla Corte di Cassazione perché “il fatto non sussiste” in merito all’inchiesta che riguardò le ex Case di Cura Riunite di Francesco Cavallari. Sono solo 595 le parole utilizzate nella motivazione dalla Corte di Cassazione, senza mai citare il nome di Cavallari, senza mai pronunciare la parola mafia.

Paolo Biallo, stimato manager della sanità deceduto prematuramente, e Parisi Savino dopo essere stati assolti “perché il fatto non sussiste” il 26 marzo del 2019 e solo nella giornata di oggi hanno avuto il sigillo della Cassazione.

Per Biallo è la terza declaratoria di innocenza “perché il fatto non sussiste” dopo che fu accusato in altrettanti procedimenti collegati all’inchiesta sulle Case di Cura Riunite. Anche lui, come Cavallari urlò da subito la su innocenza. “Fu privato della libertà ingiustamente e se pur in maniera postuma oggi finisce anche per lui un dramma clamorosamente triste che ha devastato fisicamente anche le sue difese – sottolineano Antonio Perruggini, ex responsabile delle Pubbliche relazioni del Gruppo Case di Cura Riunite di Bari, e Francesco Cavallari ex Presidente Case di Cura Riunite  -. In quella occasione si inneggiò alla mafia in un quarto di secolo di infamie ben sostenute da quelli che si autodefinivano i paladini della antimafia, da interrogazioni parlamentari, libri, servizi giornalistici e mandati di cattura. Tutti infondati, tutti demoliti, ma solo una volta arrivati a Roma e mentre lo sfregio del diritto era già consumato”.

“Perché la mafia non c’era, non poteva esserci, non c’è mai stata in quell’inchiesta se non in un teorema polverizzato per l’ennesima e definitiva volta dalla Cassazione dopo il 1994 (annullamento 416 bis dopo gli arresti), il 2011 (conferma “perché il fatto non sussiste” per tutti gli imputati del processo Speranza), il 2014 (accoglimento ricorso Cavallari contro il rigetto della Corte di Appello di Lecce per la revisione), il 2016 (accoglimento ricorso Parisi e Biallo contro la prescrizione). Tutto è stato demolito – concludono – tranne le insperate fortune di chi a vario titolo ha partecipato all’affare Cavallari. Un affare ecco.”