Gianluca Jacobini e Nicola Loperfido tornano in libertà dopo sette mesi di arresti domiciliari. Per i due, rispettivamente condirettore della Banca popolare di Bari ed ex dirigente, il Tribunale ha chiesto l’interdizione di un anno dall’attività imprenditoriale. La decisione è stata presa dal collegio presieduto dalla giudice Di Pinto nel processo per la bancarotta delle società Fimco e Maiora del gruppo Fusillo di Noci.

Insieme a Jacobini e Loperfido sono imputate altre 12 persone quali il patron del gruppo Vito Fusillo, i fratelli Emanuele e Giovanni, il figlio Giacomo; Marco Jacobini, ex presidente della Banca Popolare di Bari; l’ex dirigente della Popolare Benedetto Maggi; l’ex amministratore delegato Giorgio Papa; l’ex socio di Fusillo Massimiliano Curci; gli imprenditori Salvatore Leggiero e Girolamo Stabile; l’ingegnere Nicola Valerio Lamanna; il commercialista Vincenzo Elio Giacovelli. Sono tutti accusati di concorso in bancarotta fraudolenta.

I Fusillo, secondo le ipotesi del pm Lanfranco Marazia, avrebbero messo in atto operazioni finanziarie e immobiliari spregiudicate tramite le società Fimco e Maiora, con la complicità, e dietro sollecitazione della Banca Popolare, svuotandole progressivamente quando era diventato chiaro che stavano andando incontro al fallimento.

Al momento solo Stabile è ancora sottoposto agli arresti domiciliari. Per i giudici, la possibilità di far cessare le esigenze cautelari così restrittive nei confronti di Jacobini e Loperfido è legata al fatto che sia l’ex condirettore che l’ex dirigente hanno cessato ogni rapporto di lavoro con la Banca Popolare di Bari.

Al tempo stesso, il Tribunale ha ritenuto che entrambi, visti i reati che gli sono contestati e il ruolo che potrebbero aver svolto nella vicenda su cui è incentrato il processo, non debbano tornare a svolgere attività imprenditoriale o direttiva presso istituti bancari. L’interdizione è stata imposta per un anno. Il processo per il crac Fusillo riprenderà il 18 maggio.