Il sistema sanitario pugliese è al collasso, ormai non regge più la pressione della pandemia, la Regione ha deciso con effetto immediato il blocco di ricoveri e attività ambulatoriali non urgenti fino al 6 aprile, mentre i 150 posti del Covid hospital in Fiera vengono riempiti saccheggiando qua e là i vari nosocomi del territorio.

La “cattedrale”, di fatto, non ha aggiunto un solo posto letto in più, come sottolineato dai sindacati, tanto che la stessa Regione sta attivando altri posti a pagamento nelle cliniche private. Dopo il bando per la ricerca di medici specialisti, la Asl Bari ne ha emanato un altro per cercare di reclutare gli specializzandi. Ormai è una corsa contro il tempo, nonostante si parlasse già da mesi della terza ondata.

Oltre alla carenza di letti, mancano perfino le barelle, tanto che solo a Bari ben 4 equipaggi del 118 sono rimasti bloccati in postazione perché la lettiga in dotazione all’ambulanza è stata “sequestrata” dal Policlinico, dove non è stato possibile sbarellare. Senza di quella, ovviamente, l’ambulanza non esce, lasciando scoperto il territorio di pertinenza.

Ad Altamura si è vissuta una notte drammatica. Tutto è iniziato già dal pomeriggio di ieri, dove tre equipaggi del 118 sono stati costretti ad aspettare prima di poter sbarellare la persona caricata in ambulanza, parliamo anche di 5-6 ore di attesa, con le bombole di ossigeno in esaurimento, il Pronto Soccorso rimasto senza e i reparti del Perinei costretti a sopperire con le proprie per non lasciare senza i pazienti, tutti covid positivi. Nell’attesa, mentre il territorio era pericolosamente a corto dei mezzi di soccorso, gli equipaggi sono costretti a rimanere al freddo e al gelo. L’ultima ambulanza si è liberata a mezzanotte.

Alle 3:15 un’anziana di 81anni ha avuto urgente bisogno del 118 per dispnea e desaturazione. Andata in arresto in ambulanza, l’equipaggio è riuscito a rianimarla, sebbene non abbia ripreso conoscenza; durante il trasferimento vero il Perinei l’equipaggio non è riuscito a parlare con la Centrale operativa, decidendo così di contattare direttamente il Pronto Soccorso per allertare del codice rosso in arresto cardiorespiratorio.

La donna si trova ora ricoverata in rianimazione, intubata, salvata grazie alla fortunosa coincidenza che l’unità mobile di rianimazione fosse libera e non “ostaggio” del Perinei, in attesa. Fosse successo qualche ora prima molto probabilmente non sarebbe più tra noi. In tutto questo il personale sanitario, sia del 118 che degli ospedali non ce la fa più.

In tutto questo, per molti operatori della sanità la mancata presa in carico del paziente critico da parte di un ospedale sta sollevando numerosi quesiti, non solo dal punto di vista terapeutico, ma anche giuridico, nei casi in cui sono costretti a tenerlo per ore in ambulanza, vanificando ogni possibilità di ulteriori accertamenti diagnostici e trattamenti una volta oltrepassati i tempi canonici di triage in emergenza. La madre delle domande è su chi debba gravare la colpa di un possibile decesso, nel momento in cui l’ospedale rifiuta di accettarlo.

Gli eroi della prima ondata, presi a pesci in faccia durante la seconda, non hanno più energie da poter dedicare ai pazienti, abbandonati al loro destino come cani randagi da una politica più attenta alle apparenze che alla sostanza. Sulla “cattedrale” del Covid hospital ci sarà molto da scrivere.