“Ho visto la gente morire”. Francesco Muschitello ha 54 anni, lavora per una cooperativa che allestisce strutture alberghiere e simili, ed è tornato a essere negativo dopo 58 giorni di positività al coronavirus.

“Ero a Milano per lavoro – racconta – una sera ho cominciato ad avvertire febbre, brividi e tutta una serie di sintomi; dopo una notte infernale con gli altri colleghi abbiamo deciso di metterci tutti nel furgone e tornare giù a Bari. Quando sono arrivato mi sono messo subito in isolamento. Dopo una settimana che la situazione non migliorava sono stato portato al Policlinico, avevo già fatto il tampone, che è risultato positivo con una carica virale abbastanza alta”.

Ricoverato con la maschera per l’ossigeno, gli è stato somministrato fino a 16 litri al minuto; in ospedale Francesco ha visto di tutto, ha visto passare barelle con i cadaveri, e poi la sofferenza della gente. Il caso ha voluto che insieme a lui fosse ricoverato anche Lello: “Ne ha combinate un po’ – racconta –  però è una persona simpaticissima”.

Passano i giorni, fino a quando nei primi di dicembre arriva il momento di essere dimesso, non ha più bisogno dell’assistenza in ospedale e deve lasciare il posto letto a chi ne ha bisogno, ma il tampone continua a essere positivo: “Non potevo andare a casa, così sono andato in un covid hotel. Sono stati tutti gentili, ma lì sei da solo, aspetti quei 10 minuti in cui arrivi l’operatore per scambiare due chiacchiere con qualcuno, altrimenti passi il tempo a fare le video chiamate. Non ho mai visto così tanti telegiornali”.

La speranza è quella di trascorrere Natale a casa con la famiglia, ma niente, stessa cosa per Capodanno; il tampone continua a essere positivo. La buona notizia arriva il giorno dell’Epifania. L’agognato ritorno a casa, però deve essere ancora rimandato, perché a essere positivo, stavolta, è il figlio, tutta la famiglia è posta in quarantena.

In tutto questo, per lui come per tutti quelli che si sono infettati, c’è da considerare il problema del lavoro, perché se è vero che Francesco è finalmente tornato a essere negativo, è pur vero che il covid ha lasciato delle conseguenze: “Ho dolori alle ginocchia, male al petto, alla schiena, problemi ai polmoni, per i medici sono un soggetto debole”.

L’ultimo pensiero è per i compagni di lotta: “Ho avuto la fortuna di avere mio figlio, infermiere, che si bardava e poteva entrare. Avevo in stanza questo signore di 64 anni, un pezzo d’uomo che non so nemmeno se è ancora vivo, a volte lo aiutavo a mangiare, ma non mi potevo nemmeno avvicinare. Penso agli agli operatori sanitari, che hanno tante persone a cui pensare, ognuno con le loro necessità, non è facile”.