Nell’inchiesta che ha travolto il Policlinico di Bari per le morti da legionella, siamo arrivati al tutti contro tutti fra i vertici finiti sotto indagine volano gli stracci, con scambi di accuse reciproche tra i dirigenti attualmente interdetti, tanto che la Giunta regionale pugliese ha nominato commissario dell’Azienda Ospedaliera Universitaria l’ex direttore generale Vitangelo Dattoli, che ricopre nel frattempo lo stesso ruolo al Riuniti di Foggia oltre a essere membro del cda all’Istituto Superiore di Sanità.

Giovanni Migliore, direttore generale prima della sua interdizione per tre mesi, ha chiamato in causa la direzione sanitaria, competente a suo dire sul problema della legionella; Matilde Carlucci, direttore sanitario anche lei interdetta, si è detta non informata dal suo vice, Giuseppe Calabrese, ancora in attesa di essere interrogato, delle diffide a bonificare inviate dalla Asl Bari; per il capo dell’area tecnica, Claudio Forte, i trattamenti da effettuare erano indicati dalla direzione sanitaria, mentre Tiziana Di Matteo, direttore amministrativo non interdetta dal Gip perché non ha avuto corresponsabilità, ha chiamato fuori dal discorso il suo settore in quanto non competente sulla bonifica.

La Procura ha disposto il sequestro dei telefoni di Di Matteo e di alcuni altri degli indagati, mentre Calabrese è ancora in attesa di sapere da Gip De Benedictis se sarà interdetto oppure no. Le accuse mosse agli indagati sono pesantissime, il Gip ha praticamente bollato come inutili le consulenze depositate da Migliore del professor Alessandro Dell’Erba, medico e legale, coordinatore del Rischio clinico, secondo cui la legionella non ha causato i decessi di Gennaro Del Giudice, Domenico Martiradonna, Francesca Nuzzolese e Vincenzo Ficco.

Il Gip ha ritenuto attendibili i consulenti dei pm, che parlano di “elevata probabilità logica” del contagio ospedaliero per Del Giudice, di “broncopolmonite bilaterale dovuta a vari batteri tra cui la legionella” per Martiradonna e di “polmonite da aspergillo e legionella” per Ficco. Nel caso di Francesca Nuzzolese la legionella viene data come “causa esclusiva della morte”.

Dalle analisi dell’Arpa è stata accertata la presenza del batterio nei reparti finiti al centro dell’inchiesta, mentre quelle dell’Asl non hanno riscontrato la legionella a casa delle vittime; da qui la conclusione del giudice per cui si sia in presenza di contagio ospedaliero e non comunitario.

Secondo quanto previsto dalle linee guida regionali, in caso di più di due infezioni da legionella in un biennio, il reparto deve essere chiuso, dunque i padiglioni sequestrati dalla Procura, Chini e Ascplepios, andavano chiusi, cosa non avvenuta, con le azioni intraprese per la bonifica ritenuta non sufficienti. Anche il provvedimento adottato a settembre per la clinica Frugoni è ritenuto tardivo.