“Mia sorella è paziente oncologica da 12 anni, dal 2017 è seguita dai medici dell’Istituto Tumori di Bari a causa di una recidiva, e deve assume il farmaco Ibrance, che abbiamo sempre ritirato dalla farmacia dell’ospedale subito dopo la visita nella stessa struttura. Una soluzione molto comoda per pazienti e parenti che li accompagnano. In occasione dell’ultimo controllo, a novembre, ci hanno detto che non si può più fare, e che dobbiamo andare a prenderlo nella farmacia territoriale della Asl, all’ex CTO”. Comincia così il racconto di Antonella, una storia di buone pratiche al contrario, in tempi in cui le difficoltà già non mancano.

“Abbiamo provato a raggiungere l’ex CTO dopo la visita – ricorda Antonella – ma è stato impossibile fare tutto nella stessa mattina, sono dovuta ritornare nei giorni seguenti dopo aver regolarmente prenotato, ma per farlo ho dovuto chiedere un giorno di permesso in più al lavoro. Sinceramente non capisco il motivo di questo cambiamento, il farmaco antitumorale Ibrance ha come effetto collaterale astenia e abbassamento delle difese immunitarie. Non capisco perché un paziente oncologico, le cui analisi di routine dimostrano la neutropenia, deve recarsi in un’altra sede per ritirarlo, esponendosi ad ulteriore rischio ora che c’è il Covid, per mia sorella anche un raffreddore o una comune influenza può avere conseguenze gravi”.

“L’attesa alla farmacia dell’ex CTO avviene in un cortile che era freddo e umido già il 10 novembre, quando c’era un bel sole, non riesco ad immaginare come potrà essere a dicembre, gennaio, febbraio e marzo! Per non parlare delle molte persone in attesa davanti alla porta e dei tanti anziani. Ovviamente ho ritirato io il farmaco, da casa nostra servirebbero due mezzi pubblici per arrivare, e già in una situazione di normalità il paziente oncologico non può essere esposto ai batteri presenti su un autobus – conclude -, figuriamoci adesso con il Covid”.

Stando a quanto siamo riusciti ad apprendere, esiste una norma regionale cui finora evidentemente l’Istituto Oncologico non aveva ottemperato fino in fondo, evidentemente nell’ottica di erogare un servizio ai suoi utenti, pazienti particolarmente fragili, una buona pratica, appunto per il bene dei malati, un servizio che sicuramente ha la sua incidenza sui bilanci del Giovanni Paolo II.

Sulla questione si è espresso Domenico Losacco, segretario aziendale Fials: “Se è vero che la norma della Regione c’è, è pur vero finora l’Oncologico ha agito a tutto vantaggio dei pazienti, nel solco di quella ricerca tesa alle prestazioni di eccellenza che lo hanno finora contraddistinto. Fermo restando l’invito alla Regione di provvedere a correggere la norma in senso migliorativo, duole constatare che ancora una volta la logica dei numeri ha avuto il sopravvento”.

“L’auspicio – ha concluso Losacco – è che il management dell’Oncologico ritorni sui suoi passi, ripristinando un servizio la cui cessazione, decisa dopo i mesi estivi in cui il servizio è stato garantito pur in presenza di condizioni meteorologiche decisamente favorevoli, reca solo disagio ed espone i malati oncologici a ulteriori potenziali rischi ora che siamo in pieno inverno”.