Cardiopatica, diabetica, e purtroppo anche positiva al coronavirus, con sintomi. Maria è una dei tanti baresi protagonisti, proprio malgrado, delle storie di abbandono, tra virgolette, da parte delle autorità sanitarie: “Ho scoperto di essere positiva al coronavirus il 18 dicembre, quando ho fatto il tampone rapido privatamente, a pagamento. A quel punto ho informato il mio medico di base che ha allertato la Asl, da allora non ho saputo più niente”.

“In casa ci sono anche mia nipote e mia sorella – racconta Maria – che è positiva. Lei aveva fatto prima il sierologico, ed è risultata positiva, poi è risultata negativa, poi ha fatto il tampone rapido ed è risultata positiva. I parenti vengono a portarci da mangiare, lasciano tutto fuori, davanti alla porta, neanche li vediamo. Mia nipote pur essendo negativa è bloccata in casa, ma ha un’attività che al momento è chiusa”.

Quella di Maria non è la prima e non sarà purtroppo nemmeno l’ultima storia che scriveremo, a ormai 10 mesi dallo scoppio della pandemia, quando già si parla di terza ondata nonostante l’imminente avvio della campagna vaccinale, il sistema sanitario e in particolare la sorveglianza nelle mani dei dipartimenti di prevenzione, continua ad annaspare.

“Stiamo così, in attesa della manna dal cielo. Per ora non abbiamo ancora recuperato il gusto, l’olfatto, abbiamo provato a chiamare la Asl, alcuni numeri risultano inesistenti, vorremmo che qualcuno venisse a farci il tampone, anche perché poi dovremo fare l’altro, siamo recluse in casa. Se nessuno ci chiama  – afferma seccamente – chiameremo i Carabinieri”.