Dalle prime luci dell’alba, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari ha eseguito un’ordinanza, emessa dal GIP del locale Tribunale Annachiara Mastrorilli su richiesta del pm Lanfranco Marazia e del procuratore Roberto Rossi, con cui sono state disposte misure cautelari personali nei confronti di 13 soggetti (5 in carcere e 8 agli arresti domiciliari), di cui 6 beneficiari di reddito di cittadinanza, per un vasto giro di usura domestica ed estorsioni gestito prevalentemente da donne e che aveva come vittime soprattutto anziani.

L’operazione, denominata “Cravatte rosa”, ha permesso di risalire al modus operandi. Il sistema di usura, che prevedeva un prestito di soldi a strozzo, andava avanti da circa un decennio e si era rafforzato nel periodo di crisi determinato dall’emergenza Covid. Infatti l’individuazione delle persone a cui concedere prestiti avveniva in maniera scientifica, cercando tra le persone conosciute uomini e donne che versavano in stato di bisogno.

Metà degli usurai arrestati percepivano il reddito di cittadinanza, le condotte contestate sono andate avanti fino all’inizio dell’autunno. I capi di accusa sono quelli dell’usura, aggravata dallo stato di bisogno delle vittime, ed estorsione, aggravata dall’età delle persone offese, i reati contestati al termine delle indagini dei finanzieri guidati dal colonnello Luca Cioffi.

Tra gli indagati 5 persone, 4 delle quali sono donne, sono state condotte in carcere e altre 8, tra cui 6 donne, sono ai domiciliari. Nel corso delle indagini è stato accertato che le usuraie utilizzavano metodi molto pesanti per chiedere alle vittime la restituzione dei soldi prestati, con minacce a cui era difficile rimanere indifferenti.

Sono stati documentati prestiti di denaro pari anche a 20 euro, di cui le vittime avevano bisogno per pagare le esigenze più banali della vita quotidiana e persino per riuscire a fare la spesa.