“Abbiamo affidato nostra madre anziana a una clinica per una operazione all’anca, ed era negativa, ce l’hanno riconsegnata dopo un mese positiva e non ha neanche completato il percorso di riabilitazione. Questa è la nostra sanità”. Piero, dal balcone di casa sua, racconta una vicenda che mischia gli elementi del drammatico, dell’assurdo, della casualità, se vogliamo, e dalla causalità.

Piero si trova in isolamento fiduciario volontario a casa sua, dopo aver fatto traslocare moglie e figlia, perché è stato a stretto contatta con la madre quando è stata dimessa dalla clinica Mater Dei. Entrata negativa per l’operazione, come da esito del tampone eseguito il 6 settembre, fornito dallo stesso ospedale, l’anziana è stata ricoverata nel reparto di riabilitazione della Mater Dei, la stessa unità operativa dove si sono verificati 17 casi di coronavirus, cui si aggiungono i due nuovi contagi nel blocco operatorio di cui si è avuta notizia oggi.

“Dopo un po’ la compagna di stanza di mia madre ha iniziato a stare male – racconta Piero – ma dalla Mater Dei dicevano che poteva anche essere solo febbre. Un giorno a telefono mi madre ha raccontato che stavano sottoponendo la donna ad accertamenti, fino a quando le hanno separate perché la paziente è risultata positiva”.

“Qualche giorno fa, il 7 settembre, mia madre è stata dimessa con esito negativo, siamo andati a prenderla e l’abbiamo portata a casa, dove è stata con mio padre, anziano anche lui, mio fratello e mia sorella. Dopo un paio d’ore, subito prima che prendessi servizio sul posto di lavoro dove sono a contatto con molta gente, ci hanno chiamato dalla Mater Dei per dire che avevano invertito gli esiti dei tamponi di ingresso e uscita, in pratica mia madre è positiva”.

“Ora siamo tutti in isolamento senza che nessuno dalla Asl o dalla Mater Dei si sia fatto avanti, ho scritto due mail al direttore del Dipartimento di Prevenzione, il dottor Domenico Lagravinese, ma non ho mai ricevuto risposta”.