A dare fuoco al Comando della Polizia Locale di Adelfia, danneggiando un’ala del Palazzo di Città potrebbe essere stata una banda di professionisti, non nuova a questo genere di assalti e al furto delle armi.

I Carabinieri lavorano senza sosta per risalire ai responsabili del gesto condannato senza se e senza ma. Parole dure poche ore dopo il disastro erano arrivate anche dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. I sospetti cominciano a prendere forma, ma non mancano alcuni elementi interessanti, che lasciano molti dubbi.

L’armadietto blindato secondo quanto è stato detto obiettivo del commando si trovava in un sottoscala. Per aprirlo sarebbe stato impiegato un flessibile e non una fiamma ossidrica. Sembra strano che una banda di professionisti non avesse saputo che in quella cassaforte non ci fosse nulla, essendo le armi custodite nella caserma dei Carabinieri del paese.

L’incendio, dunque, sarebbe stato il gesto di rabbia per il colpo andato a vuoto. Una delle stanze date alle fiamme con il liquido infiammabile, forse benzina, però, era chiusa a chiave. Perché forzarla per appiccare l’incendio, senza rubare almeno il computer nuovo che stava all’interno? Perché perdere tempo avendo fallito il colpo col flessibile, che avrebbe potuto allarmare il residente della casa confinante? Perché, non avendo trovato le armi, i ladri non sarebbero andati al piano superiore ad aprire la cassaforte dell’ufficio Economato?

Secondo alcune indiscrezioni si tratterebbe di professionisti arrivati nel cuore della notte da fuori Adelfia, nonostante fossero attivi i controlli sul mancato rispetto del decreto sul coronavirus. Il sospetto è che al colpo abbia preso parte qualcuno del posto, anche in considerazione degli spostamenti dei malviventi all’interno del palazzo comunale. La comunità di Adelfia sta ancora facendo la conta dei danni, che peseranno in modo significativo sulle casse comunali, proprio nel momento in cui quei soldi sarebbero potuti essere impiegati per sostenere le famiglie in difficoltà e risalire la china dopo l’emergenza.