un modello stampato in 3D da Leonardo Gambado, contrario a questo tipo di mascherine

“Quelle mascherine sono pericolose e non vanno utilizzate per alcun motivo”. A parlare e Leonardo Gambato, tecnico addetto alla manutenzione di stampanti 3D, il riferimento è al progetto Open Source Mask, guidato dal bitontino Vitantonio Vacca e che punta a rendere disponibili per chiunque delle mascherine fai da te contro il coronavirus, in attesa che tornino nuovamente sul mercato quelle industriali.

“Il materiale utilizzato nella maggioranza dei casi – spiega Leonardo – è il PLA, che però pochi sanno essere non food-grade, a contatto con pelle e umidità, in particolare vicino agli occhi, può creare irritazioni spiacevoli. Inoltre, la stampa 3D come la conosciamo ora non è in grado di creare superfici così sottili e allo stesso tempo watertight. In parole povere, tra i livelli di materiale depositato dagli ugelli della stampante c’è abbastanza spazio per far scorrere l’acqua, figuriamoci il coronavirus”.

“Quanto al filtro – aggiunge – loro suggeriscono di utilizzare la cartaforno, che tutto fa tranne che filtrare, dovendo trattenere olio e altri liquidi di cottura, questo vuol dire che la condensa emessa dal nostro fiato non fa altro che uscire dai lati o dai buchi delle cuciture, venendo così meno lo scopo della mascherina, quello cioè di proteggere noi e chi ci sta intorno”.

“Il modello di quella mascherina gira in rete già da tempo – sottolinea – lo stesso creatore, un coreano, ha detto chiaramente di non utilizzarla in situazioni reali, ma che si tratta di un progetto a solo scopo dimostrativo”.

Doverosa, e diversa, la versione di Vitantonio Vacca: “Non abbiamo mai dato indicazioni sui materiali da utilizzare per la stampa della mascherina, né tanto meno per il filtro. Forse su questo non siamo stati abbastanza chiari nella comunicazione”.

“Abbiamo detto chiaramente – prosegue – che si tratta di un modello reperito dalla rete a cui abbiamo apportato delle modifiche per migliorare la realizzazione della stampa. Quando qualcuno ci ha chiesto che materiali stiamo utilizzando, ho spiegato che al momento, con l’Italia praticamente chiusa per decreto, la sola bobina che mi è rimasta è in PLA, ma da nessuna parte l’abbiamo indicato con il materiale da usare, anche perché per la stampa domestica non è l’unico disponibile”.

“Inoltre, nel fornire indicazioni, abbiamo detto chiaramente che si tratta di una mascherina lavabile e sanificabile con alcool – ci tiene a specificare – così come raccomandato dagli esperti per evitare l’annidarsi di carica batterica sulle superfici. Anche per le mascherine certificate, l’OMS ed il Ministero invitano a prendere le dovute precauzioni circa l’utilizzo, e a cambiarle ogni volta che cominciano a inumidirsi perché possono diventare anch’esse fonte di accumulo di batteri in generale, indipendentemente dal covid-19”.

“Alla base di Open Socurce Mask, c’è l’idea di condivisione per poter migliorare tutto il possibile e di poter disporre di una mascherina fintanto che purtroppo non si trovano in commercio quelle realizzate dalle industrie del settore. Ripeto, forse non siamo stati chiari su alcuni punti – conclude – per questo stiamo preparando una risposta ufficiale che pubblicheremo a breve sulla pagina facebook del progetto”.