Una storia lunga 21 anni e 7 processi che ha fatto tanto parlare di sé. Nel 1998 Gaetano Bizzoca vede morire nell’Ospedale Umberto I di Barletta sua moglie e il terzo figlio nel grembo della donna. La notte del ricovero la donna accusa forti dolori ma, nonostante l’allarme lanciato dall’uomo, i medici giungono in soccorso quando non c’è più nulla da fare.

A quel punto viene chiesto a Bizzoca il consenso a trasfondere la donna, richiesta respinta dal marito in quanto testimone di Geova. Sarà proprio il rifiuto ad essere usato dai medici per accusarlo di essere la vera causa della morte della donna, sostenendo che si sarebbe potuta salvare se fosse stata trasfusa.

Serviranno 8 anni di processo per dichiarare definitivamente in tribunale il ginecologo colpevole di omicidio colposo e falso, dopo aver anche tentato di manomettere la cartella clinica, e 21 anni per Bizzoca ad essere riconosciuto il diritto a essere risarcito.

Il caso ha fatto clamore perché inizialmente è stato dato credito alla versione del medico e l’uomo, testimone di Geova, è stato attaccato dall’opinione pubblica per aver rifiutato il sangue.

“È drammatico ritrovarsi al centro di una bufera mediatica – dichiara Gaetano Bizzoca all’ufficio stampa della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova -. Io ero il mostro, il marito che, opponendosi alla trasfusione, aveva condannato a morte moglie e figlio. Sapevo di essere innocente, di aver fatto tutto il possibile per salvare mia moglie e il bimbo che portava in grembo, che l’errore era stato di altri: ci sono voluti tanti anni e diversi processi per dimostrare che avevo ragione, che la responsabilità era del medico, che era lui che aveva sbagliato. Ma in quei giorni, e anche per molto tempo dopo, è stato davvero terribile. Dicono che il tempo guarisce tutte le ferite. Certo, ma le cicatrici rimangono”.