Nel giorno in cui si viene a conoscenza dell’inchiesta sulle manutenzioni dei bus, emerge un’altra notizia che farà certamente dormire sonni agitati ai vertici dell’Amtab, l’azienda del trasporto pubblico barese.

Il Tribunale del lavoro di Bari ha disposto la reintegra anche per il secondo degli autisti Amtab licenziati per rappresaglia nei confronti dei sindacati. La dinamica è pressoché identica a quella narrata a ottobre scorso. Una serie di errori di valutazione e interpretazione costringono ora Amtab a reintegrare l’autista del bus, facendo sopportare a tutti i baresi il danno causato da questo inspiegabile atteggiamento.

La storia. Un autista, seriamente malato e quindi con tanto di documentazione a riprova delle sue condizioni di salute e a giustificazione delle sua assenze dal lavoro, viene licenziato sebbene non fosse intervenuto il superamento del periodo di comporto previsto dal contratto nazionale di categoria (18 mesi per gli autoferrotramvieri). E su una questione così delicata l’Amtab ha mandato a casa il dipendente, interpretando erroneamente i principi espressi in materia dalla Cassazione, anche in recenti sentenze.

Non solo. Amtab accusava l’autista malato di non rendere abbastanza sul posto di lavoro, come se la malattia possa essere valutata come fattore per determinare l’efficienza di un dipendente. Il Giudice, dunque, ha disposto la reintegra del conducente del bus, difeso dall’avvocato Massimo Sassanelli. Amtab dovrà quindi corrispondergli le 12 mensilità arretrate (più di 20mila euro) e provvedere al pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, senza tener conto delle spese legali.

Un’altra bella cifra sborsata ancora una volta da tutti i cittadini, che adesso dovranno risarcire l’uomo tenuto ingiustamente a casa per un anno intero. Il dipendente, inoltre, proprio a causa della situazione di stress ha visto peggiorare le sue condizioni di salute e si accinge a richiedere anche il ristoro di tale ulteriore pregiudizio. Come detto precedentemente, sarebbe il caso di far pagare il danno all’Erario agli amministratori per così dire eccessivamente zelanti.