Presunte visite odontoiatriche private nell’ambulatorio pubblico di odontostomatologia dell’Istituto tumori di Bari, nato grazie a una convenzione tra l’IRRCS e l’Università, che tra l’altro potrebbe non essere stata ancora rinnovata.

Nei corridoi dell’Oncologico l’imbarazzo è generale, seppure nessuno ne parla apertamente. Le voci stanno iniziando a trovare riscontro in denunce ufficiali, come quella inoltrata anche ai vertici del Giovanni Paolo II da un paziente al quale – si legge – il professore pare abbia in cura da alcuni anni.

Secondo quanto viene raccontato, le visite all’uomo sarebbero state fatte nello studio privato di Mangini, alla periferia di Bari, ma anche nell’ambulatorio pubblico, senza che il paziente – che pure ha chiesto spiegazioni sull’incresciosa situazione – avesse effettivamente problemi di tumore al cavo orale. Ovvero il motivo dei trattamenti specifici per cui quella struttura è nata attraverso la convenzione tra Istituto Tumori e Università.

La lettera, del 30 ottobre scorso, racconterebbe una storia degna di essere accertata, ma della quale non riferiamo i dettagli. All’Oncologico, però, anche i muri vivono un certo imbarazzo, seppure qualcuno è convinto non ci sia una reale voglia di approfondire la questione.

Quanto accade, però, difficilmente potrà finire nel dimenticatoio. Tra i clienti che il professore avrebbe trattato nell’ambulatorio pubblico, ci sarebbero anche alcuni dipendenti dello stesso Oncologico e di appaltatori. Trattamenti eseguiti senza esserci alla base problemi di natura tumorale.

“Il professor Mangini – precisa il direttore generale del Giovanni Paolo II, Antonio Delvino -ha una convenzione con il nostro Istituto con un programma che riguarda la diagnosi precoce e prevenzioni delle lesioni presenti nella bocca che possono portare a un cancro. Inoltre svolge funzione di consulente per l’uso di determinati farmaci o per le complicanze che possono riguardare la bocca nel caso di alcuni tumori o terapie”.

“Per effetto di questa sua convezione – sottolinea Delvino – il professor Mangini recentemente ha chiesto anche di svolgere la sua attività di libero professionista in istituto, da quanto mi risulta, nel pieno rispetto delle dei canoni ANMVI. La lettera di protesta da parte di un utente ci permette di mettere in atto le opportune verifiche che servono a fare luce sulla congruità delle azioni e a valutare l’accaduto. Questa occasione ci permette anche di verificare i comportamenti dei nostri uffici”.