“Parlateci di Bibbiano”. Ripetuto all’infinito come un mantra nel corso degli ultimi mesi, il clamore mediatico sugli affidi di minori ha portato all’attenzione di tutti una questione di cui non si aveva sentore. In tutta Italia, mamme e papà di bambini “strappati” hanno iniziato a far sentire la propria voce.

Alcuni legali hanno scritto a sindaci e presidenti di Provincia per chiedere chiarimenti, come ha fatto Sara Fiorino, avvocato di diritto di famiglia e della tutela dei minori e delle fasce deboli, che ha chiesto ad Antonio Decaro “di poter conoscere i dati relativi al numero degli affidi in comunità decisi nella città di Bari e dell’Area Metropolitana, con allontanamento dei minori dalle famiglie”.

Ieri, dal Tribunale dei Minori, con destinazione piazza Libertà, è partito un corteo di genitori convinti di aver ricevuto un torto dalle istituzioni che a loro dire avrebbero dovuto tutelare piuttosto che “strappare i bambini” o toglierli completamente al contesto familiare, per esempio ai nonni. Lo hanno chiamato “Olocausto bianco” e di bianco erano vestiti per rivendicare “un diritto negato”. Accuse pesantissime e un appello a chiunque abbia a che fare nella filiera dell’affido.

Cartelli, palloncini e candele alla mano, hanno chiesto che sia fatta piena luce sugli affidi di minori a loro dire senza giusta causa. “I bambini non si toccano”. “Nella comunità in cui si trova mia figlia è stata persino malmenata”, dice una mamma al megafono. Troppo delicata la questione per sbilanciarsi a sostegno di questo o quel caso singolo. Su una cosa non si può che essere d’accordo. “Per strappare alle famiglie i figli e traumatizzarli per sempre – dicono alcuni genitori – devono esserci motivi particolarmente gravi. Non si può intervenire in questo modo alla minima difficoltà familiare”. L’altro punto è quello dei controlli, giudicati insufficienti, tanto nelle strutture in cui i bambini vengono affidati quanto nelle famiglie di origine, magari tornate nella condizione di potersi rioccupare dei propri figli.

Megafono in mano e la consueta determinata compostezza anche per Leopoldo Cammarano, il papà che ritiene inadeguata la sistemazione scelta dal Tribunale per suo figlio Francesco, ragazzo disabile di 17 anni. Una montagna di carte, alcune inequivocabili, finora non sono servite a nulla. “Non mi fermo – spiega Leopoldo – sono sicuro di parlare per il bene di mio figlio e nonostante tutto ho ancora fiducia nelle istituzioni. A loro mi rivolgo per fare giustizia”, mentre una mamma urla esasperata: “Vogliamo la verità o i nostri figli andremo a riprenderceli con le nostre mani”.