La notizia del rinvio a giudizio dell’imprenditore barese Dante Mazzitelli per la vicenda delle tangenti all’Arca Puglia, e del famoso orologio, ha fatto il giro della città, scuotendo tutto l’ambiente. Appresa la decisione del Gup, Mazzitelli ha inteso spiegare la propria posizione in merito, e ha inviato una nota stampa a suo pugno. Qui di seguito, ecco cosa scrive.

Oggi, in data 16 maggio 2019, il GUP Giovanni Abbattista, facendo proprie le tesi accusatorie del PM, mi ha rinviato a giudizio in merito all’inchiesta che mi vede indagato per corruzione, in quanto il 7.2.2017 avrei regalato un orologio “di ingente valore” all’allora Direttore dell’ARCA Puglia, Sabino Lupelli, per trarne vantaggi.

Sulla base delle immagini acquisite dalla Guardia di Finanza, mi era stato contestato di essermi presentato nell’ufficio di Lupelli “con ben due orologi ai polsi”. Già all’udienza preliminare — però — si è accertato che di orologi ne avevo soltanto uno e che l’altro “orologio” era in realtà un bracciale.

L’accusa muoveva i suoi passi dalla dichiarazione che “con un comportamento arguto e scaltro” mi sarei presentato a quell’incontro con ben due orologi “tacitamente invitando il Lupelli ad appropriarsi di uno dei due”, si legge nelle motivazioni. Nelle stesse si contesta altresì “l’avvenuta corresponsione a Lupelli di un costoso orologio del valore di E. 20.000”.

Da accertamenti espletati successivamente dalla stessa Guardia di Finanza, è emerso che “il costoso orologio del valore di 20.000,00 Euro” era in realtà un orologio Marco Mavilla del prezzo di 95 Euro, tant’è che gli stessi Organi Inquirenti, nell’ultima udienza, hanno modificato l’accusa non più indicando “costoso orologio” ma “orologio di valore indeterminato”!

La corruzione, sempre secondo l’accusa, sarebbe stata “finalizzata a comprimere il più possibile i tempi burocratici per ottenere l’approvazione del collaudo e il pagamento del saldo”, per lavori eseguiti dall’impresa di mio figlio, il cui pagamento così come previsto dalle perentorie norme di legge, sarebbe dovuto avvenire entro il 30 novembre 2016, ed invece è avvenuto solo a maggio 2017.

In sostanza l’accusa di corruzione è basata su una dazione di 95 euro per “velocizzare” un pagamento legittimamente dovuto, avvenuto con oltre 6 mesi di ritardo e 4 mesi dopo la dazione dell’orologio, in un incontro che — tengo a precisare – è avvenuto tra due vecchi amici senza che mai — così come attestato dalle registrazioni di P.G. — si fosse parlato di lavoro o dell’argomento oggetto di contestazione.

Certo che la verità emerga sempre, ho ritenuto di rifiutare il patteggiamento, sottoponendomi al giudizio di un Collegio Giudicante, a tutela della mia onorabilità personale e della credibilità delle aziende facenti capo alla mia famiglia.

Ritenevo, da uomo che ha fede nella Giustizia e crede nella verità, che con le risultanze ottenute dagli organi di P.G., durante le indagini, ci sarebbe stata una revisione dell’impianto accusatorio che avrebbe risparmiato, i danni del rinvio a giudizio. Purtroppo così non è stato.