Capurso, largo Piscine, siamo a casa di Francesca Raimondi. Nell’abitazione, la donna vive col marito, con il padre di 77 anni, Rocco, e con la madre, un anno più grande, costretta a letto, sofferente, per diverse patologie. Alla porta, con fare deciso e senza preavviso, si presentano gli agenti della Polizia Locale, i Carabinieri, il personale del 118 e l’ufficiale giudiziario. L’ordine che hanno ricevuto è quello di farli sgomberare. Vito ha infatti scontato una condanna penale con contestuale confisca del bene in proprietà della figlia.

In base a una sentenza definitiva della Corte di Cassazione, infatti, l’appartamento è stato acquistato con i proventi dell’attività illecita e dunque è stato confiscato, nonostante Francesca, incensurata, continui a sostenere di averla comprata con i frutti del lavoro onesto suo e del marito. Ovvio che la mattina non è filata via liscia e tranquilla.

Francesca e la sua famiglia si barricano in casa, per nulla intenzionati a subire quello che ritengono un sopruso. La sentenza purtroppo c’è, e sanno bene che deve essere rispettata. Arriva il loro legale, Leopoldo Di Nanna, e inizia una lunga trattativa. Non hanno ricevuto alcuna notifica e non sanno dove andare, non si sono organizzati. Soprattutto, c’è l’anziana madre malata a cui pensare.

La discussione si protrae per ore, tra alti e bassi, sul filo dell’inevitabile tensione. Secondo l’avvocato Di Nanna sussistono i termini per chiedere la revisione nel merito del processo, ci sarebbero i documenti necessari a comprovare l’acquisto lecito della casa. In quel caso la storia andrebbe completamente riscritta.