Siamo in sella alla vespa, diretti a casa di Antonio, cittadino barese pronto a denunciare davanti alla telecamera il suo presunto caso di malasanità. Ha la sclerosi multipla e non si sente adeguatamente assistito dalla sanità pubblica. Punta il dito sulle visite a pagamento, su un farmaco che ritiene inadeguato, sul fatto che i medici quando va al pronto soccorso gli continuino a dire: “Per me non deve essere ricoverato”.

Siamo sul lungomare, pronti a raggiungere il quartiere Catino, quando riceviamo un messaggio whatsapp: “Un 42enne si è sparato sul balcone di casa”. Quell’uomo è Antonio. Per una settimana abbiamo rimandato l’appuntamento, perché c’erano storie più “urgenti” nella lista delle priorità redazionali, perché dovevamo coprire il turno al desk. Nessuna di queste ragioni, però, è un alibi.

Fossimo andati ieri da lui, oppure venerdì scorso, Antonio avrebbe desistito dal mettere in prativa l’insano gesto? Lo sappiamo che non possiamo salvare il mondo, ma il senso di colpa non va via. Amarezza per non aver incontrato prima Antonio, unita alla rabbia per aver ascoltato la telefonata fatta la sera prima di morire all’amico comune che gli ha suggerito di chiamarci nel tentativo di sollevare un polverone e chiedere spiegazioni a chi di competenza.

Abbiamo deciso di farvi ascoltare quella telefonata, affinché Antonio possa comunque denunciare ciò per cui aveva deciso di rivolgersi a noi. Determinato, lucido, pronto a far diventare il suo caso nazionale, chiedendo l’intervento di Striscia la Notizia o delle Iene. Non potendo a più chiedere altri dettagli ad Antonio, da quella telefonata abbiamo tolto nomi e riferimenti specifici.

Nonostante tutto crediamo che la denuncia di Antonio debba arrivare in maniera dirompente, così come siamo certi di riuscire a provocare alcune riflessioni più generali. Esprimiamo la nostra vicinanza ai familiari di Antonio. Ci dispiace di non essere stati più tempestivi nel raccogliere il suo malessere.