Una caposala del Di Venere si sarebbe sottoposta a un intervento di chirurgia estetica nella sala operatoria dello stesso ospedale. La denuncia fatta dall’USPPI contiene giorno e ora, il 16 febbraio 2018 alle 14.30, ma anche nomi e cognomi dei protagonisti di questa storiaccia tutta da chiarire.

Sì, perché nonostante una esposto e un sollecito a distanza di qualche mese, nessuna delle autorità chiamate in causa si è presa la briga di accertare se le cose stiano davvero come scritto nero su bianco dal sindacato. I documenti in possesso dell’USPPI parlerebbero chiaro. C’è un elemento particolarmente significativo: il registro degli stupefacenti della sala operatoria. Tre fiale di Fentanest impiegate a nome della caposala, in quel momento sotto i ferri per farsi rialzare le palpebre cadenti. Tecnicamente blefaroplastica.

Lo sguardo della caposala è certamente stato rinnovato, ma rimangono i problemi alla vista di quanti avrebbero dovuto controllare. L’intervento di bellezza è stato autorizzato ed eseguito da un medico inquadrato come specialista otorino e non nella qualità di chirurgo plastico. Cosa di non poco conto è che quell’operazione non sarebbe prevista dal Servizio Sanitario Nazionale. In sostanza, si tratta di un intervento di bellezza da farsi a pagamento in una struttura privata.

Per l’occasione – si legge nella prima denuncia rimasta inascoltata – la sala operatoria è stata oscurata con teli verdi sulle vetrate, al fine di nascondere agli altri operatori ciò che stava avvenendo all’interno.

Fosse accertato, l’episodio sarebbe di una gravità inaudita in termini di inosservanza delle norme e della distrazione di risorse economiche, con grave danno erariale, oltre che nell’utilizzo di risorse pubbliche per vantaggi personali. La cosa che più indigna è il silenzio delle istituzioni alle quali è stato sottoposto il caso.