È durata solo qualche giorno la quiete nello stabile al civico 56 di via Giulio Petroni, a Bari. Il nostro intervento aveva convinto le prostitute al lavoro nella casa al piano terra – due camere senza finestre e balconi pagate quasi 550 euro al mese – ad allontanarsi in fretta è furia.

Siamo tornati a suonare al campanello e una transessuale straniera ci ha salutati prima di vedere il nostro microfono e sbatterci la porta in faccia. Dietro di lei un’altra donna, sempre straniera, si raccoglieva i capelli davanti allo specchio. Neppure l’operaio incaricato della lettura del contatore dell’acqua ha avuto miglior sorte.

I nuovi inquilini si sono barricati all’interno, mentre gli altri residenti del palazzo invocano a gran voce l’intervento delle autorità competenti, per comprendere se possano esserci gli estremi del favoreggiamento e dello sfruttamento della prostituzione, consumata a tutte le ore del giorno e della notte, con “assurdi rumori molesti”.

Gli ultimi arrivati, non sappiamo se con l’approvazione della proprietaria – che da due anni dice di provare senza sosta a liberare l’appartamento – hanno sistemato tre sedie nell’androne del palazzo per far accomodare i clienti in attesa. La notizia positiva, l’unica a dire il vero, sta nella riparazione del portone d’ingresso, precedentemente scassato per consentire un accesso senza freni. La casa chiusa è stata riaperta, siete tutti invitati.