Inaugurato in pompa magna, spacciato come un gioiello per poi scoprire che in realtà le tubature erano rimaste quelle malconce di sempre. Succede nel reparto di Nefrologia, al secondo piano dell’ospedale Di Venere di Bari, “eternamente” al centro di una mastodontica operazione di ristrutturazione.

La rottura delle tubature ha portato a tre effetti. Il primo è stato un vistoso allagamento della Nefrologia; il secondo la necessità di riscaldare il reparto di Medicina, al primo piano, con le stufe. Il riscaldamento non funziona e quindi la direzione sanitaria si è prodigata nel tentativo di arginare l’emergenza. Il terzo effetto, il più grave, è il ripristino dell’impianto consegnato insieme a tutto il resto meno di due anni fa.

Medicina, dicevamo, dove non solo si deve fare i conti con la necessità di ricoverare pazienti sulle barelle, fino a 14 recentemente, comunque quasi mai meno di una mezza dozzina e dove adesso bisogna pure fronteggiare il gran freddo.

Cappotti, stufette e coperte. Ciò che conta è che la Asl, quindi i cittadini, non spenda un solo euro per rimettere a posto l’impianto, ma anche riuscire a risalire alle eventuali responsabilità, in modo da comprendere se qualcuno non abbia effettuato i lavori a regola d’arte.