Bari - salottificio Divania

I finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria Bari, su disposizione del G.I.P. presso il Tribunale di Bari, hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni finalizzato alla confisca diretta, e per equivalente, richiesto dalla Procura della Repubblica, nell’ambito del procedimento penale che vede coinvolti due consulenti tecnici d’ufficio, un dottore commercialista barese ed un avvocato romano, esperti in materia bancaria e finanziaria, nominati dal Tribunale di Bari (4^ Sezione) nella causa civile tra “Divania S.r.l.”, in fallimento, e “Unicredit S.p.a.”, per la sottoscrizione di “contratti” di prodotti finanziari derivati “SWAP” per 220 milioni di euro tra il 2000 e il 2005 e che avrebbe causato lo stato di insolvenza della società poi fallita.

Al centro dell’inchiesta, le insistenti e perentorie richieste (anche in costanza delle attività peritali), da parte dei due consulenti tecnici, di pagamento di una esosa “parcella” relativa alla prestazione professionale di “consulenza”, per oltre 395mila euro, per la quale era previsto l’obbligo di pagamento in solido per la parte attrice e per la convenuta.

Dalle indagini dei finanzieri, è stato acclarato che il pagamento ab origine concordato tra le parti, con forti riserve della curatela e degli avvocati della Divania, è stato richiesto dai Consulenti tecnici unicamente all’Istituto di Credito (unica parte in grado di poter assolvere l’obbligazione in favore dei CCTTU) e senza attendere la preventiva autorizzazione alla liquidazione da parte del giudice civile a conclusione dell’attività di consulenza.

I due consulenti avevano contra legem calcolato il proprio compenso sulla base delle vigenti tariffe professionali di categoria e non anche sulla base della “normativa disciplinante la liquidazione dei compensi ai consulenti tecnici nominati dall’Autorità Giudiziaria” contenuta nel D.P.R. 115/2002 (c.d. Testo Unico delle spese di giustizia).

L’Istituto di credito aveva proceduto al pagamento della parcella per l’intero importo, facendosi carico anche della quota parte del 50% spettante a Divania, attesa l’esistenza dell’obbligazione solidale.

La contestazione per entrambi i professionisti è quella di “Induzione indebita a dare o promettere utilità” prevista dagli artt. 319 quater c.p., 110 (concorso di persone nel reato) e 81 (continuazione), da cui è scaturita la necessità di sottoporre a sequestro il profitto indebitamente corrisposto – al di fuori di ogni quadro normativo – dall’istituto di credito, così come richiesto da parte del dottore commercialista barese, per euro euro 189.470,04, e dall’avvocato romano, per euro 205.679,02, oggetto della misura ablativa reale (anche nella forma dell’equivalente) disposta dal G.I.P.

Il Giudice per le Indagini Preliminari ha accolto le richieste formulate dalla Procura della Repubblica sulla base degli esiti delle investigazioni della Guardia di Finanza che, in corso di indagine, ha anche riscontrato l’esistenza di una situazione di “conflitto di interesse” tra l’avvocato romano ed il Gruppo Unicredit per pregressi rapporti di natura professionale. Agli stessi indagati è stato, infine, notificato l’avviso di conclusione delle indagini (ex ari. 369bis e 415bis c.p.p.).