Arresto convalidato, ma capo di imputazione riformulato in “maltrattamenti contro familiari” ravvisando la morte come evento conseguente dei maltrattamenti. Sono le conclusioni a cui è giunto il Giudice per le Indagini Preliminari, Francesco Agnino, sul caso di Marian Sima, 44 anni, che avrebbe provocato la morte della sua compagna, Anita Beata Rzepecka.

Intanto, la Procura ha già conferito l’incarico per effettuare l’autopsia al Dott. De Donno dell’Istituto di Medicina Legale del Policlinico di Bari, l’esito della quale fornirà ulteriori dettagli di questa triste vicenda.

I fatti di riferiscono allo scorso 6 luglio in un casolare abbandonato ubicato sul
Lungomare Di Cagno Abbrescia: secondo gli investigatori, l’uomo aveva già in mattinata minacciato di morte la compagna e in serata, complice il suo stato di ubriachezza, è esploso l’ennesimo litigio per questioni legate alle mancate faccende domestiche che è poi sfociato nel tragico epilogo.

Marian ha colpito la vittima con schiaffi che avrebbero causato una rovinosa caduta a terra, procurandole un gravissimo trauma cranico, lasciandola intenzionalmente per alcune ore in stato di abbandono. Solo l’intervento di un coinquilino che faceva rientro a casa ha permesso il trasporto al pronto soccorso dell’Ospedale Di Venere dove la donna è stata sottoposta ad un urgente intervento chirurgico per ridurre il diffuso ematoma celebrale. Nonostante le cure sanitarie, la donna, a causa del gravi lesioni riportate, è poi deceduta.

La tempestiva e serrata attività di indagine, condotta attraverso la  raccolta di numerose testimonianze e dichiarazioni di vicini e parenti, fondamentale soprattutto quella della madre della vittima, ha consentito di ricostruire i fatti. L’uomo era stato già fermato dai Carabinieri per gravi indizi di colpevolezza e portato in carcere con l’accusa di omicidio volontario, aggravato dai futili motivi.

Non era la prima volta che la donna subiva quelle atroci violenze da parte del compagno violento. Pare, infatti, e su questo si stanno concentrando le ulteriori indagini, che da circa due anni, da quando l’uomo era uscito dal carcere ed era iniziata la frequentazione, la donna subisse quotidiane violenze. Ciononostante non aveva mai voluto denunciarlo, forse per timore di ritorsioni ancora più gravi.