La tragica morte di Caterina Pesce, anestesista responsabile per la Asl di Bari della struttura che si occupa dei pazienti fragili ripropone prepotentemente il tema delle morti sul lavoro e della sicurezza per i medici e gli operatori sanitari. Mercoledì scorso la dottoressa stava infatti rientrando a casa dopo aver effettuato una visita domiciliare a un paziente affetto da SLA quando è stata coinvolta in un fatale incidente stradale.

L’avvenimento assume connotazioni ancora più drammatiche se si pensa che Caterina Pesce, nel 2014, era finita al centro di una bufera mediatica dopo essere stata ingiustamente accusata di essersi rifiutata di assistere a domicilio proprio una malata di SLA.

Il medico aveva subito la gogna mediatica nonostante fosse stata proprio la buona volontà e la disponibilità dei camici bianchi, che fanno costantemente appello ai principi etici della professione per garantire i diritti all’assistenza dei pazienti, a supplire alle carenze organizzative del sistema.

Benché più volte denunciato dagli Ordini e nonostante le rassicurazioni in merito da parte della Regione e dei Dirigenti delle ASL, il problema della sicurezza dei medici e del personale sanitario negli ospedali e nelle strutture territoriali non sembra aver trovato ancora risposte.

Manca a oggi un progetto di revisione complessiva del sistema di emergenza e continuità assistenziale a livello regionale. Manca un quadro di censimento delle sedi territoriali, delle condizioni in cui versano e delle possibili soluzioni. Manca ancora all’appello, nonostante gli impegni presi dalla Regione, l’Osservatorio regionale sulla sicurezza.

“Mi unisco al dolore della famiglia di Caterina Pesce per la loro tragica perdita – ha dichiarato Filippo Anelli, Presidente OMCeO Bari – ma devo anche ricordare che quella di Caterina è l’ennesima, drammatica morte sul lavoro che colpisce una categoria costretta ormai a lavorare in condizioni inaccettabili. Dopo le parole servono i fatti”.