foto di repertorio

Una malattia non riconosciuta dal sistema sanitario nazionale, tanto che l’Asl ha dovuto alzare bandiera bianca. Ma il tribunale ha condannato l’azienda ospedaliera a rimborsare le spese sostenute dalla paziente costretta a rivolgersi a un centro specializzato inglese. A riportare la vicenda è La Repubblica – Bari

È la storia di Michela, 35 anni di Corato con un figlio di 8 anni, affetta da sensibilità chimica multipla dal 2009: una malattia rara che la rende intollerante a quasi tutto quello che la circonda. La donna è costretta a vivere praticamente sempre in casa. È ipersensibile a tutto dai detersivi agli alimenti trattati e persino alle onde elettromagnetiche. Il contatto con le sostanze chimiche può causare alla giovane madre vomito, vertigini o nel peggiore dei casi, svenimenti, crisi respiratorie e paralisi del lato destro del corpo.

I trattamenti necessari comportano un grosso sacrificio economico. Michela è costretta a recarsi al Breakspear Hospital di Londra almeno ogni tre mesi. Per ogni ciclo di terapia servono almeno 20mila euro, senza contare le spese di viaggio e la donna non può nemmeno prendere l’areo. Lei e il marito vanno in auto.

Accanto al caso della donna di Corato è nato un movimento di solidarietà con una piattaforma di crowdfunding: la raccolta fondi ha portato solo un piccolo contributo, per le altre spese sostenute per i trattamenti Michela ha dovuto presentare ricorso al Tribunale. Il giudice ha imposto all’Asl di rimborsare le spese sostenute dalla donna, per i cicli di terapia effettuati nel 2015 e nel primo trimestre del 2016. Con una delibera l’azienda sanitaria ha liquidato a Michela 17 mila euro, solo una parte dei soldi anticipati dalla paziente e dalla sua famiglia.

Ma la battaglia giudiziaria non è stata vinta del tutto. Infatti per il ciclo di terapia dell’ultimo trimestre del 2016 l’Asl ha dato risposta negativa e adesso la coppia ha presentato un nuovo ricorso.