Concorsi universitari di cardiologia pilotati da una “rete nazionale di controllo”. È la ricostruzione fatta dal tribunale di Bari in merito al processo che vedeva imputati il cardiologo barese Paolo Rizzon, suo figlio Brian Peter e altri due docenti universitari.

In questi giorni sono state infatti depositate le motivazioni: i giudici, che già avevano assolto nel merito Rizzon da cinque accuse di falso e tre di truffa, pur ritenendo provata “l’esistenza e l’operatività del sodalizio criminale” hanno dovuto dichiarare la prescrizione del reato di associazione per delinquere.

I pubblici ministeri, infatti, hanno da riconosciuto che fino al 2004 “gli imputati hanno agito all’interno di un accordo criminoso, destinato a durare nel tempo, volto alla commissione di una serie indeterminata di delitti in materia di falso ed abuso d’ufficio, in danno di una pluralità non specificata di candidati ai concorsi universitari”.

Il sodalizio avrebbe nominato commissioni amiche per far vincere candidati predeterminati, “scelti non sulla base del merito scientifico, ma in base ad accordi tra gli associati”. Pilotando l’esito dei concorsi, i docenti avrebbero così acquisito in ambito accademico il controllo esclusivo del settore.

Le decisioni, spiegano i giudici, sarebbero state prese fuori dalle sedi ufficiali, fra poche persone influenti con l’unico obiettivo di “escludere dalla dichiarazione finale di idoneità il candidato più meritevole, a favore dei vincitori predeterminati”. I giudici ipotizzano un metodo collaudato in cui tutti avrebbero rispettato gli ordini per non subire ritorsioni.