Questa mattina a Lecce, la Polizia di Stato ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Bari su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di Antonio Moretti, cl.’82, elemento di vertice della criminalità organizzata barese, attualmente detenuto per altra causa, ritenuto responsabile dell’omicidio di Orazio Porro, avvenuto nel mercato rionale del quartiere San Pasquale il 25 marzo 2009, nonché di porto e detenzione di armi.

Le attività investigative svolte dalla Squadra Mobile, basate anche sulle dichiarazioni di recenti collaboratori di giustizia, su un patrimonio informativo acquisito in precedenti indagini, nonché corroborato da attività tecniche e da numerose audizioni testimoniali, hanno documentato concreti elementi di responsabilità nei confronti dell’arrestato.

Ex collaboratore di giustizia, 53 anni, Porro venne ucciso con un colpo d’arma da fuoco alla nuca tra via Pisacane e via Nizza, al quartiere San Pasquale. Nei giorni precedenti era stato visto nei corridoi della procura di Bari, da qui la voce che volesse riottenere il programma di protezione che gli era stato revocato nel febbraio 2006, dopo quasi otto anni, perché ritenuto reticente per una strage nella quale era implicato.

Forte del suo trascorso criminale, Porro aveva invece iniziato ad imporre il “pizzo” ai danni di esercizi commerciali del quartiere San Pasquale; tale comportamento fu inteso quale segnale dell’intenzione di espandersi, da un punto di vista criminale, su quell’area del Capoluogo barese, storicamente controllata dal gruppo “Fiore”, sodalizio in quel momento diretto dalla famiglia Caracciolese a seguito della detenzione del capo clan Fiore Giuseppe.

L’omicidio di Porro ad opera di Moretti, uomo di fiducia del gruppo capeggiato dai Caracciolese, volle essere una dimostrazione a tutti, compresi gli stessi affiliati, non solo della determinazione, ma anche della leadership assunta da Giacomo Caracciolese, cl.’81, all’interno del quartiere e dello stesso clan “Fiore”.

Per l’omicidio di Porro era stato accusato e rinviato a giudizio proprio Giacomo Caracciolese, poi assolto in Corte d’Assie “per non aver commesso il fatto”. Caracciolese aveva infatti dichiarato che al momento del fatto tornava con moglie e figlio dall’ospedale Pediatrico Giovanni XXIII, albi confermato anche dal Primario. Il medico infatti affermò che la visita era terminata poco prima delle 13, ora del delitto.