Dopo cinque ore di camera di consiglio arriva la sentenza. Gianpi Tarantini è stato condannato dal tribunale di Bari a sette anni e dieci mesi. A Sabina Began, all’anagrafe Beganovic, è stata inflitta la pena di un anno e quattro mesi. Condanne anche per Massimiliano Verdoscia  (3 anni e sei mesi) e Pierluigi Faraone (due anni e sei mesi). Assoluzioni invece per Letizia Filippi, Francesca Lana e Claudio Tarantini. Il tribunale ha inoltre rigettato le richieste di risarcimento danni delle parti civili, tra le quali si era costituita anche Patrizia D’Addario. I giudici infine hanno stralciato l’accusa di associazione a delinquere e trasmesso atti in Procura affinché si valuti la posizione di Berlusconi e l’ipotesi che l’ex premier abbia compiuto azioni atte ad intralciare la giustizia. Caso in cui si aprirebbe un altro processo.

 

LA MATTINATA IN TRIBUNALE

Questa mattina, all’arrivo in via Nazariantz, la pm Eugenia Pontassuglia si è letteralmente fiondata in tribunale per non essere attorniata dai giornalisti e operatori. Dei tanti personaggi coinvolti, stamattina era presente solo Patrizia D’Addario, costituitasi parte civile, per tutti gli altri c’erano i rispettivi avvocati.

È iniziata poco dopo le 10 l’udienza del processo escort, e si è aperta con le argomentazioni della pm sulle eccezioni sollevate dall’avvocato di Giampaolo Tarantini Nicola Quaranta. Per la pm, non ci sono i presupposti di incostituzionalità. La legge Merin, infatti, non fa riferimento ad alcuna distinzione tra la prostituzione per necessità o per scelta, come pure non distingue tra la prostituzione “di lusso” e quella per strada. Nella legge non c’è alcun riferimento alla coercizione, tant’è vero, sostiene il magistrato, che in quel caso si fa riferimento ad altri tipi di reato. Dunque, questo in sintesi il pensiero del pubblico ministero, non siamo difronte ai presupposti di incostituzionalità sollevati.

Subito dopo ha parlato l’avvocato di Patrizia D’Addario, Fabio Campese. Da tutta la vicenda, ha detto, la D’Addario esce distrutta, non è simpatica a nessuno, e ne viene fuori come una ricattatrice, cosa non vera dal momento che non c’era in lei alcuna volontà ricattatoria. Non è vero, ha sottolineato l’avvocato, che il processo è iniziato per volontà di Patrizia, ma perché la sua assistita è stata convocata dalla Procura e ha raccontato i fatti di cui era conoscenza.

Dell’immagine di Patrizia D’Addario hanno parlato anche gli altri avvocati difensori, ma per sottolineare come sia stata essa stessa a crearsela con la pubblicazione del libro “Gradisca Presidente. Tutta la verità della escort più nota al mondo”.

Dopo aver ascoltato le parti, i giudici si sono chiusi in camera di consiglio. Nel caso in cui venga accolta la tesi dell’avvocato Quaranta, di rimettere la questione alla Corte Costituzionale poiché relativa a reati codificati a metà del secolo scorso e soggetti a mutazioni culturali, l’evento farebbe Storia. Il nodo dovrebbe essere sciolto intorno alle 15, quando i giudici usciranno dalla camera di consiglio. Per sapere se usciranno con la sentenza, non resta che aspettare.