In località “Pozzo vivo”, a Convesano e “Torre di Peppe”, a Mola di Bari, potrebbe essere stato scaricato percolato direttamente nella falda acquifera. È l’ultima, inedita, rivelazione di Domenico Lestingi, ex dipendente della Lombardi Ecologia che ormai da tempo ha trovato il coraggio di denunciare quanto fatto negli anni per conto dell’azienda triggianese e ciò di cui è stato testimone oculare.

Con Lestingi eravamo già stati a Triggiano, Palo del Colle, Acquaviva, Mola di Bari e poi più volte a Convesano. Oggi torniamo al 1992 e partiamo proprio da Conversano. In località “Pozzo vivo” c’è una cava di proprietà dei Lombardi. Ce l’hanno confermato anche alcuni agricoltori stanchi di vedere quel posto trasformato in una discarica a cielo aperto, proprio a due passi dai loro terreni. Lestingi, abile escavatorista, viene incaricato di preparare il terreno, spianare e costruire le rampe di accesso. In linea d’aria siamo a circa due chilometri dall’ormai purtroppo celeberrima discarica Martucci.

L’ex dipedente esegue e giura di aver visto trivellare il suolo. Ciò che non sa con certezza è se il percolato sia stato o meno scaricato in quei buchi profondissimi. C’è, però, un particolare che fa molto riflettere. “In quel periodo – racconta Lestingi – di sicuro i camion da 50 tonnellate carichi di percolato uscivano dalla discarica Martucci e dopo circa mezzora rientravano vuoti. Per andare a scaricare regolarmente il percolato negli impianti di Pisticci o Canosa ci sarebbero volute almeno tre ore a viaggio”. Dov’è finito dunque il percolato di quei camion? Quella cava non è il luogo migliore. C’è troppa roccia e con le piogge probabilmente il percolato risaliva in superficie.

A quel punto a Lestingi viene dato un nuovo ordine. Individuano un nuovo terreno, alle spalle del cimitero di Mola di Bari, a poche decine di metri dal mare, in località “Torre di Peppe”. “Abbiamo costruito dei muri molto alti per evitare di far vedere ai dirimpettai cosa succedesse all’interno – racconta Lestingi – anche in questo caso il mio compito era la preparazione del campo prima che qualcun altro venisse a trivellare e scaricare percolato”.

Il luogo è cambiato nel corso di questi 23 anni, ma abbiamo avuto modo di verificare personalmente molto di ciò che ci ha raccontato l’ex dipendente della Lombardi Ecologia. Dopo i lavori preliminari, però, ci si accorge che la casa a ridosso del campo non è disabitata. Ci abita un certo Michel Di Santo, un anziano dalla lunga barba bianca. Cercano di convincerlo a vendere, ma l’uomo, forse perché si accorge che c’è qualcosa di storto, di tutta risposta colpisce violentemente al collo con il manico di un piccone il responsabile dell’azienda, un certo Saudella, mandato a convincere l’anziano.

La trattatva salta. Il dipendente è costretto a portare il collare per alcune settimane, ma l’aggressione non sarà mai denunciata pur essendoci diversi testimoni. In quello stesso periodo alla Lombardi viene assunto Francesco Di Santo, parente di Michel, messo a lavorare come guardiano. Neppure questo convince il proprietario a vendere la casa, che oggi si trova esattamente dov’era 23 anni fa, mentre tutto intorno la zona non è più la stessa. Non c’è più il muretto a secco che faceva da primo filtro per arrivare a quello più alto, alzato per tenere lontani gli occhi indiscreti. Ufficialmente, infatti, il piazzale sarebbe dovuto essere impiegato per stoccare materiale ingombrante e da riciclare.

Un’altra storia interessante per chi sta cercando di chiarire quanto e come la Lombardi Ecologia, ormai sull’orlo del fallimento, abbia violentato il territorio Barese e non solo quello. Sì, perché Domenico Lestingi rilancia: “Siamo solo a Mola, in provincia di Bari. Se ci spostassimo nel Salento… C’è ancora tanto da dire”.