Preoccupazione e incredulità sulla morte e sui primi soccorsi. Sono i sentimenti dell’operatore del Centro di identificazione ed espulsione di Bari, che ha deciso di riferirci i suoi dubbi sul decesso del 25enne egiziano, stroncato il 7 febbraio – secondo le fonti ufficiali – da un arresto cardiorespiratorio irreversibile.

La vicenda presenterebbe diversi lati oscuri. Dopo la segnalazione dall’interno del Cie, al quartiere San Paolo, la centrale operativa del 118 manda per primi sul posto un’ambulanza Victor (con i soli autista e soccorritore a bordo). È un codice rosso. Giunti nella struttura, qualcuno del persononale in servizio al Cie avrebbe affermato che l’ospite respirava ancora fino a un minuto prima dell’arrivo dei soccorritori. L’operatore del 118 prepara il defibrillatore e inizia il massaggio cardiaco constatado, però, che l’egiziano è ormai in rigor mortis. È rigido e presenta già alcuni lividi sulla pelle. In altre parole significa che sarebbe morto almeno da un’ora. Perché dire che respirava ancora fino a poco prima?

Un paio di minuti dopo, da un’altra postazione sopraggiunge l’ambulanza con a bordo il medico, che dà subito l’ordine di interrompere il massaggio cardiaco. A quel punto si procede col tracciato per venti minuti prima di constatare il decesso. In molti sono convinti dell’arrivo del medico legale per accertare le reali cause del decesso. Non arriverà.

E se non si fosse trattato di un arresto cardiaco? Se la morte fosse stata procurara? Se fosse stato un abuso di medicinali o altre sostanze? Il paziente sarebbe stato trovato in infermeria con il nasello dell’ossigeno inserito. Una procedura giudicata da molti inutile in quelle circostanze. Se realmente il paziente era in rigor mortis quando sono arrivati i soccorsi, perché si è aspettato tutto quel tempo prima di allertare il 118? Non poteva essere rianimato prima che ci provasse il personale del 118? La struttura è dotata di un defibrillatore? Le domande ancora senza risposta sono troppe.

Siamo convinti che sulla vicenda sia necessario fare chiarezza, per rispetto a quel ragazzo di 25 anni che, forse, si sarebbe potuto salvare. Un aiuto potrebbe arrivare proprio dal defibrillatore che, in pochi sanno, registra anche le conversazioni quando è acceso.