L’allerta Isis non è percepibile, ma è alta anche in Puglia come nel resto d’Italia. Forze dell’ordine e forze armate stanno prestando la massima attenzione a un problema che non può e non deve essere sottovalutato. La polizia sta effettuando controlli periodici a campione nel porto di Bari. Controlli che sono stati appositamente incrementati. La Digos ha individuato, identificato e fotografato persone dalla provenienza “sospetta” dirette in Grecia e pronte a imbarcarsi. Tutto è stato trasmesso agli organismi competenti, a Roma. Non passano inosservati neppure gli sbarchi di profughi avvenuti negli ultimi mesi in Puglia. In quelle circostanze le forze dell’ordine hanno controllato decine di persone sospette, comparando i loro volti con quelli di fofografie di militanti dell’Isis inviati dai servizi segreti.

Stando a quanto trapelato, in quelle verifiche non sarebbe emerso nulla di preoccupante, ma in questo momento la prudenza non è mai troppa, esattamente come accadde un paio di anni fa in occasione della nuova ondata di profughi giunta sul territorio jonico e accolti nella struttura di Manduria. In alcuni casi, le forze di polizia sono state costrette a verificare anche la posizione di fondamentalisti islamici ospiti dei centri di accoglienza baresi, il cui estremismo avrebbe inquietato i gestori delle stesse. Anche in questo caso, oltre i controlli, però, non si è andati.

Questo non vuol dire che esponenti dell’Isis non siano passati o non passino dalla Puglia. Anzi. Gli organi preposti sono convinti che questo avvenga, ma in uno Stato garantista come il nostro non è possibile fermare una persona solo per un sospetto, così come avviene in altri luoghi, come il Marocco, in cui esiste anche una sorta di “arresto preventivo”. La preoccupazione, comunque, c’è e tra le forze dell’ordine è percettibile tanto che, alla vigilia della visita del Papa in Albania, nel Canale D’Otranto venne fermata una nave mercantile il cui nome inquietò, e non poco, guardia di finanza e marina militare. Quella “carretta arrugginita” (cosi com’è stata descritta), con equipaggio ucraino, si chiamava Al Raqqua.

E proprio il nome derivante dalla roccaforte Isis spinse ad approfondire gli accertamenti. Solo verifiche documentali e niente perquisizioni, però, a causa di un problema di confine con le acque internazionali sulle quali la legge della navigazione è rigorosa. Apparentemente tutto lecito, ma il sospetto forte è che, quella nave – a bordo della quale c’erano tonnellate di sigarette caricate in Montenegro – nascondesse armi. Secondo una analisi degli organi preposti, infatti, potrebbe esserci una nuova rotta. Le navi partono dalla Libia per dirigersi in Montenegro e prendere sigarette, ritorninoo in Libia per prendere le armi che, successivamente, vengono “scaricate” in Siria. Ed è proprio su queste nuove rotte che si stanno concentrando le forze di polizia. Su nave Al Raqqua, di fatto, non c’è alcuna inchiesta o indagine in corso, ma è chiaro che il controllo apre le porte a questioni che, oggi, vanno considerate e monitorate. Il traffico in mare Adriatico si conferma in continuo movimento.