Sei persone ferite dal figlio di una signora di 70 anni colpita da un mal di pancia, convinto che non stessero curando nel migliore dei modi sua madre. L’uomo, in preda a un raptus di follia, pretendeva che la mamma (un codice verde) fosse visitata senza tenere conto delle priorità dell’intero pronto soccorso. La tremenda aggressione che ieri mattina, intorno alle 10.30, ha creato terrore al Policlinico di Bari, riaccende i riflettori sulle scarse condizioni di sicurezza del personale sanitario, tanto negli ospedali, quando a bordo delle ambulanze. Da circa due anni denunciamo paradossi, sprechi e situazioni al limite dell’umana sopportazione. La testimonianza che vi raccontiamo è quella di Nicola Mastrocesare, 39 anni, una delle persone rimaste ferite. «Faccio il soccorritore da 24 anni, gli ultimi 13 nel 118, sempre in postazioni di frontiera – denuncia l’autista-soccorritore – ma una cosa simile non mi era mai capitata. Diversi pazienti sono scappati terrorizzati mentre succedva il putiferio».

La donna arriva da Altamura. Il figlio costringe i soccorritori dell’ambulanza del paese, chiamata per sincerarsi delle condizioni della 70enne, a dirigersi al Policlinico di Bari invece che all’ospedale della Murgia. Appena giunti al pronto soccorso, l’uomo porta la madre nell’ambulatorio 3, nonostante ci fossero pazienti in condizioni più gravi. Il medico, capendo la situazione, si prodiga nella visita, ma neppure questo sembra essere abbastanza. Quando il sanitario invita il figlio ad allontanarsi dall’ambulatorio per fare nel migliore dei modi il suo lavoro, l’uomo inizia a urlare e diventa violento. A quel punto il fuggi fuggi generale, l’intervento delle due guardie giurate e del poliziotto. L’accompagnatore impazzisce e si scaglia contro chiunque con morsi, calci e pugni. Il poliziotto se la cava con quattro punti di sutura a una mano presa a morsi; sempre a morsi l’aggressore stacca un pezzo di carne dal braccio da una delle guardie giurate. Poi tocca al medico e a un’infermiere, che riporta un trauma facciale. Per fortuna le dita dell’aggressore non gli entrano negli occhi.

Al paziente trasportato da Nicola Mastrocesare, un uomo con un codice giallo (quindi più grave), viene assegnato lo stesso ambulatorio, il numero 3. La gente scappa mentre il soccorritore del 118 cerca di dare una mano nel tentativo di sedare l’uomo. Il folle lo colpisce con estrema violenza dietro la schiena. Il calcio gli procura una lesione alle vertebre L4 ed L5. Ne avrà per dieci giorni. La notte scorsa è stato costretto a tornare nuovamente in ospedale a causa dei dolori insopportabili. «Siamo nel mirino di chiunque – tuona Nicola – esposti a qualsiasi tipo di rischio, senza la benché minima protezione. Il nostro sta diventando davvero un lavoro difficile, se calcolate che non abbiamo neppure un minimo di gratificazione. In alcuni casi neppure ci pagano regolarmente quello che ci spetta».

L’accompagnatore impazzito viene bloccato, ma riesce a fuggire e a rifugiarsi in un bagno di Fisioterapia. Lo devasta prima di essere definitivamente immobilizzato. «È stato capace di mettere al tappeto sei persone – conclude amareggiato il sloccorritore – provate a immaginare a cosa siamo esposti noi ogni volta che ci muoviamo con l’ambulanza. Ormai sappiamo quando usciamo e non sappiamo se torniamo. Perché per prendere provvedimenti, disattesi comunque poco dopo, ci deve sempre scappare il morto?» Noi, purtroppo, non siamo in grado di darti una risposta, ma capiamo perfettamente come questa situazione di insicurezza e le mancate risposte da parte dei vertici della Asl di Bari e dell’assessorato regionale alla Sanità, possano pesare sul regolare svolgimento della vostra professione e, di conseguenza, anche sui pazienti.