Guardate la foto d’apertuta dell’articolo: una barella imbrattata di sangue. Una donna tenta il suicidio lanciandosi dal terzo piano. Abbiamo deciso di non mostrarvi le altre fotografie, ben più raccapriccianti, che hanno stravolto persino noi. Quel sangue – nessuno può dirlo prima di un’analisi, può essere infetto. Nessuno può dire se quella donna avesse l’aids o chissà quale altra malattia contagiosa. Sangue, dicevamo, dappertutto. Eppure, il perosonale sanitario del 118, non si preoccupa delle consegueze: la donna viene stabilizzata e portata viva in ospedale. Il disastro – che denunciamo da due anni ormai – è ciò che avviene durante e dopo l’intervento, mentre in molti uffici fanno propaganda o rubano, elargiscono premi e sperperano soldi pubblici (di tutti noi), decidono la costruzione di cattedrali nel deserto. Eroi, marinai e ladri insieme, nello stesso sistema malato terminale, che solo un’operazione verità potrebbe risanare. Le inchieste aperte, così come le connivenze non si contano più. La gente ha bisogno di cose semplici, immediate ed efficaci. Le promesse stanno a zero. Ha bisogno di uomini e donne innamorati del proprio mestiere e della consapevolezza di avere una vita tra le mani. Quegli uomini, invece – medici, infermieri e soccorritori del 118, sono lasciati al proprio destino; precari, senza tutela per i rischi che corrono ogni sacrosanto giorno e, nel peggiore dei casi, abbandonati in territori lontani dalle stanze dei bottoni, senza mezzi e strumenti, come nel caso che vi raccontiamo: Gravina, Altamura, Santeramo, Poggiorsini, Spinazzola. La Murgia.

LA CRONACA

Manca qualche minuto alle 13.10. L’amulanza Mike di Gravina (con medico a bordo) è al pronto soccorso dell’ospedale della Murgia in attesa di sbarellare un paziente che aveva avuto una sincope per strada, con relativo trauma cranico minore. Un codice giallo. A quel punto la solita complicazione: arriva una chiamata dalla centrale operativa. Un codice rosso a Gravina: una signora di 42 anni ha tentato il suicidio. La donna è stata fortunata. L’ambulanza si libera e in 8 minuti è sul luogo della tragedia. In caso contrario, infatti, sarebbe intervenuta con molta probabilità la Mike di Spinazzona, in carico alla BAT, che ci avrebbe impiegato almeno un’ora. Tutti gli altri mezzi di soccorso, infatti, erano dislocati altrove. Siamo in via SS Apostoli. La 42enne è in un lago di sangue, collassata, con una frattura scomposta-esposta del femore destro, un’emorragia imponente, il braccio fratturato. È semicosciente.

IL CONTESTO

Sul posto decine di persone infuriate per il presunto ritardo dei soccorsi. Carabinieri e polizia fanno scudo. Medico, infermiere e autista, tutt’altro che sereni, stabilizzano la paziente, la caricano in ambulanza e la trasportano in codice rosso all’ospedale della Murgia. Richiedono tutti gli esami del caso. La donna arriva in sala rossa viva, parametri stabili, pronta per le analisi d’urgenza, tac e sala operatoria. Non solo. I soccorritori danno una mano al personale del pronto soccorso, perennemente sotto organico e in affanno.

RISCHI E PRECARIETA’

Quando sei concentrato a salvare una vita non pensi a nent’altro. Il sangue è dappertutto: in ambulanza, lungo il tragitto in ospedale, sulla barella e sui presidi utilizzati. Sangue anche addosso al personale 118. Funziona sempre così. Una giornata tipo per Gravina, città dell’Alta Murgia che, come altre città di confine, risulta lontana dai centri ospedalieri metropolitani, con ambulanze vecchie e male attrezzate. Mancano da mesi il pulsossimetro, il navigatore satellitare e la morfina. Manca soprattutto la figura del soccorritore. Come se ciò non bastasse, non esiste un’azienda convenzionata per
la pronta sanificazione, il lavaggio del mezzo e dei presidi imbrattati di sangue e liquidi biologici (spesso contaminati da HIV e HCV).

L’INUTILE DEDIZIONE

Terminato l’intervento i tre operatori rientrano in postazione e il medico mette in stand by il mezzo di rianimazione mobile per circa un’ora. Non c’è alternativa. Bisogna ripulire, lavare, sanificare l’ambulanza e i presidi dal sangue nel più breve tempo possibile. Devono farlo loro pur non essendone competenti, di fatto e sulla carta. Spirito di abnegazione, voglia di tornare sulla strada perché altra gente potrebbe avere bisogno.  Ai tanti rischi – le botte se arrivi in ritardo, se resti bloccato al pronto soccorso, se non ci sono altri mezzi, se il mezzo devono mandarlo da un’altra asl, se non hai il navigatore, la possibilità di contaminarti o di contagiare altri pazienti se non puoi sanificare il mezzo com’è previsto dalla legge – non corrisponde neppure un centesimo di euro in più in busta paga. Nella stanza dei bottoni, invece, se ti va bene sperperano; non di rado rubano e gonfiano parcelle. Non generalizziamo, ma ormai il vaso è stto scoperchiato.

L’ASSURDITA’

Quello che vi abbiamo raccontato è ciò che succede, l’esempio di come la realtà superi di gran lunga fantasie e incubi. Come se non bastasse, però, qualche genio della Asl starebbe deciendo di depotenziare il sistema 118 in queste città di confine, piazzando automediche al posto delle ambulanze e quindi degli equipaggi medicalizzati (2 in tutto tra
Gravina e Altamura) o addirittura non rimpiazzando le ambulanze vecchie, non aggiungendo soccorritori e dotando gli equipaggi di navigatori satellitari, indispensabili per quei territori. Vorrebbero depotenziare continuando a non stabilizzare medici e infermieri, a tutt’oggi ancora in gran parte precari.

LA DENUNCIA

A metterci la faccia sono pochi e sempre gli stessi. Uno di questi è Francesco Papappicco, medico del 118 dell’aria murgiana e referente regionale della Federazione Sindacati Indipendenti 118. «Tante promesse e i soliti problemi – tuona il medico – Si parla di migliaia di assunzioni, di riordini, di nuovi coordinatori, nuove politiche sanitarie, di Lea. Che ruolo riveste in questo scenario il 118? Come s’intende risolvere le criticità delle postazioni lontane dagli ospedali di “eccellenza”? Da mesi si attendono soluzioni adeguate e sollecite. Mezzi nuovi e a norma, presidi salvavita, uomini ed equipaggi, stabilità lavorativa e sicurezza sul lavoro. Dove sono finiti i fondi del 118, se a maggio il budget risultava esaurito?»

Ancora silenzio. Un silenzio assordante. E tanta gente non sa ancora di affidare le proprie urgenze alla cabala e alla professionalità dei singoli, abili nuotatori su una nave che sta affondando. Il 118 è tutt’altra cosa e non può essere solo un colpo di fortuna tanto per i medici, quanto per i pazienti.