L’ultimo episodio risale a ieri pomeriggio. Sono da poco passate le 19, un’ambulanza del 118 trasporta un paziente al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo. L’uomo, particolarmente agitato, non intende aspettare il suo turno e inveisce contro l’unica guardia giurata in servizio: «Allora non mi vuoi proprio far passare avanti ?». La frase – detta in dialetto con tono perentorio – è l’anticamera dell’aggressione. Il vigilante si becca un tremendo pugno alla tempia sinistra. Ne avrà per 25 giorni. A fare la prognosi sono gli stessi medici del pronto soccorso, anche loro quotidianamente alle prese con pazienti difficili, per così dire, convinti di poter decidere autonomamente la gravità della propria patologia e quindi l’accesso al triage.

Nonostante tutti sappiamo che quell’ospedale è terra di frontiera, da tempo non esiste un presidio di Polizia al pronto soccorso. La presenza degli agenti – secondo quanto ci è stato riferito – è stata assicurata nella palazzina in cui sono situati gli uffici (tra l’altro solo la mattina e il pomeriggio fino alle 18). Siamo al paradosso. La guardia giurata aggredita, una volta immobilizzato l’esagitato, ha dovuto chiamare i carabinieri, grazie a Dio intervenuti prontamente dall’esterno dell’ospedale. La sicurezza delle centinaia di pazienti e del personale sanitario è affidata a una sola guardia giurata, che in molti casi non può nulla. Pensate a quando il paziente sbarca con il tradizionale e variopinto stuolo di parenti e amici esagitati almento quanto lui.

La chiusura dei pronto soccorso e degli ospedali della provincia ha reso ancora più preocupante un fenomeno già di per sè allarmante. Medici e infermieri non sono messi nelle condizioni di lavorare con la serenità necessaria e devono spesso sottostare alle minacce di chi vuole a tutti i costi prevaricare gli altri, convinti che una ferita qualunque sia più grave di un braccio rotto o di un infarto.

Alla guardia giurata, con problemi alla retina, per una precedente aggressione di cui è stato vittima mentre era in servizio al pronto soccorso del Policlinico, è andata la solidarietà di chi era in attesa. Nessuno dei presenti, però, ha sentito il dovere morale o il senso civico di farsi avanti per testimoniare quanto accaduto. Il personale sanitario, infatti, era dall’altro lato della porta e quindi non ha potuto vedere cosa accadeva. Diversi fatti di cronaca, non molto lontani nel tempo, insegnano che non è così complicato morire sul posto di lavoro mentre si cerca di salvare vite umane. Sbagliare è umano, perseverare è diabolico.

Basterebbe un posto di polizia – dice qualcuno – come al pronto soccorso del Policlinico e almeno un’altra guardia giurata. Rivolgiamo il nostro appello al Prefetto di Bari, al quale è stata già segnalata la questione.