Unico punto d’incontro tra ispettori e Procura è l’operato di Pino Scelsi, che non avrebbe dovuto disporre intercettazioni telefoniche nei confronti di Paola D’Aprile, amica di Lea Cosentino, senza i requisiti del caso. Un atto questo “di ripicca” secondo i pm di Lecce e un’iniziativa tesa al perseguimento di fini estranei ai doveri giudiziari, nella valutazione degli ispettori ministeriali.

Su Laudati, invece, le valutazioni entrano in contrasto pieno. Se per gli ispettori dell’ex ministro Alfano, il comportamento sotto inchiesta del Procuratore capo di Bari rientra nei canoni della “normale amministrazione” o, in taluni casi, è frutto di equivoci, per i per il procuratore di Lecce, Cataldo Motta, e per l’aggiunto Antonio De Donno, rappresenta veri e propri estremi di reato.

Due sono i punti principali di contrasto tra le due posizioni. In primis, c’è la vicenda della riunione fantasma alla scuola allievi della Guardia di Finanza durante la quale, stando alle dichiarazioni del colonnello Paglino, Laudati si dichiarò inviato appositamente dal ministro Alfano, chiedendo di congelare l’inchiesta su Berlusconi per due mesi, fino al suo insediamento come capo della Procura. I pm leccesi contestano il reato di favoreggiamento, mentre per gli ispettori romani le dichiarazioni di Paglino sono inattendibili e la richiesta di sospensione delle indagini sarebbe in realtà un equivoco.

C’è poi la questione della squadra di finanzieri costituita da Laudati. Secondo la Procura di Lecce, tale squadra aveva il compito di investigare sulle modalità di gestione delle indagini sulla sanità pugliese, all’epoca, condotte dai sostituti Scelsi e Di Geronimo, circostanza per cui è ravvisabile il reato di abuso d’ufficio. Per gli ispettori ministeriali, tuttavia: «Il compito che quella struttura di fatto svolse – è scritto nella relazione – aveva ad oggetto la attività di riordino dei dati probatori fino a quel punto acquisti, la loro elaborazione critica e la comparazione complessiva».

3 ottobre 2012

Pasquale Amoruso