Il piccolo Raffaello, a soli 15 giorni di vita, doveva fare un’urografia. Mentre i medici lo preparavano,  improvvisamente si verificò l’arresto cardiocircolatorio. La mamma, Silvana Scagliola, accusa i medici di non essersene accorti e di essere intervenuti solo quando lei entrò in stanza vedendo il piccolo divenire cianotico. Soccorsi non sufficienti o forse non tempestivi. Da allora Raffaello è cieco, è sulla sedia a rotelle ed è continuamente assistito dai suoi genitori. Necessita di cure non convenzionate dall’Asl e ovviamente costose, ma anche di sottoporsi a interventi chirurgici ortopedici e percorsi riabilitativi per consentirgli una vita “migliore”.

Servono soldi per garantire questo futuro a Raffaello. Denaro che i genitori potrebbero avere e utilizzare se venisse dato loro il risarcimento danni stabilito durante la sentenza di primo grado emessa lo scorso giugno.

Un milione e 494mila euro per la madre e la stessa somma per il padre, questo il risarcimento quantificato dai giudici. Una somma mai giunta ai genitori del 15enne. Dopo la sentenza i medici e l’azienda ospedaliera hanno presentato appello e una richiesta di inibitoria, ossia un’istanza di sospensione della esecutività della sentenza.  Istanza che, poi, è stata respinta dai giudici della seconda sezione civile della corte di Appello. Ma dei soldi ancora nessuna traccia.

C’è un altro “piccolo” particolare da considerare. La prossima udienza del processo di appello è fissata al 28 ottobre 2016. Fra “soli” quattro anni si discuterà nuovamente di questo caso. Nel frattempo le condizioni di salute di Raffaello peggiorano e del risarcimento che gli spetta nemmeno l’ombra.

Elena Defilippis