Accusati di truffa aggravata e falso ideologico e materiale, oggi i due fratelli, l’uno amministratore e l’altro consigliere del consorzio Sigi, compariranno dinanzi al gip Alessandra Piliego per l’interrogatorio di garanzia. Al centro dell’inchiesta c’è un giro vorticoso di fatture, con tanto di timbro e intestazione, falsificate, duplicate, scansionate e messe all’incasso in ben sei banche. Meccanismo scoperto grazie agli istituti di credito che si sono rivalsi sulla Provincia, in qualità di “debitore ceduto”.

Tante ancora le incertezze e i dubbi su questa indagine. I magistrati e i finanzieri ritengono che sia “improbabile” che i due abbiano potuto mettere in atto questo sistema da soli, senza che qualcuno avanzasse dubbi negli uffici della Provincia. Una fonte investigativa, inoltre, ipotizza che gli Antro possano essere stati, dal 2005 fino a oggi, “una sorta di bancomat cui potrebbe aver attinto anche la politica”.

Tra i conti correnti sottoposti a sequestro, alcuni sono stati utilizzati per compiere una sola operazione e poi sono rimasti aperti. Bisognerebbe incrociare, quindi, le date delle compravendite immobiliari con quelle delle campagne elettorali, per verificare se ci sono o meno dei riscontri oggettivi con la politica.

L’ultima mossa compiuta dagli imprenditori, consapevoli delle indagini in corso, sarebbe stata – scrive il gip negli atti – quella di girare alle mogli quote societarie e beni immobili. C’è “profonda commistione di patrimoni personali e societari”, dichiara la Piliego. I finanzieri hanno accertato che i redditi da lavoro dipendente delle due signore non sono per nulla conformi alle transazioni eseguite.

Raggiri, quindi, messi in atto allo scopo di “distrarre, occultare, dissimulare, in tutto o in parte, i loro beni”, scrive il sostituto procuratore Carmelo Rizzi. Questo il profilo degli Antro delineato dal gip: “Personalità viziate tendenti a sconfinare nei canali dell’illecito per conseguire guadagni ulteriori e superiori rispetto a quelli, già ingenti, loro spettanti per vie lecite”.

Elena Defilippis