Le verifiche, disposte dal ministro della Salute in tutto il Paese ed effettuate dal Nucleo Antisofisticazioni, sono partite da una segnalazione dell’Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, e hanno dimostrato che in Puglia, rispetto al resto dell’Italia, il dato è ancora più allarmante: ogni 100 nascite, il 46,7% avviene con il parto cesareo, su 37mila parti 17mila sono cesarei. Nella classifica nazionale la Puglia si pone al quarto posto, dietro solo alla Campania 62%, Sicilia 53% e Molise 48,4%.

In provincia di Bari i controlli hanno portato alla luce dei numeri sconcertanti: nella struttura Di Venere, infatti, la percentuale di parti cesarei è del 62%, nel Policlinico del 43%, mentre nelle cliniche private la percentuale sfiora la quasi totalità delle nascite: il 90%. La soglia massima fissata dallo ISS è del 15%.

L’incidenza del taglio cesareo è aumentata negli ultimi 20 anni da 5% del 1968 al 15-25% del 1998 a seconda delle diverse legislazioni ed organizzazioni sanitarie. Molto spesso le donne in procinto di mettere alla luce il proprio figlio, spaventate dal naturale dolore del parto, preferiscono ricorrere al taglio cesareo, anche se questo, oltre ad essere un intervento chirurgico a tutti gli effetti, si allontana dalla naturalità del parto e causa maggior dolore nella degenza.

Se nel parto naturale, infatti, il dolore diventa pressoché nullo nel giro di alcune ore, con il parto cesareo il taglio inferto sulla pancia della donna per estrarre il bambino richiede fisiologicamente più tempo e quindi maggior dolore e fastidio. Questo dovrebbe indurre a pensare che se si è in grado di compiere l’atto di forza maggiore, come mettere al mondo un essere umano, il dolore deve essere, nel caso di regolarità, solo una questione relativa.

Nicoletta Diella