Luigi Pio Memeo, questo il nome del piccolo di San Ferdinando di Puglia, è nato affetto da ittiosi congenita di tipo “Harlequin”, una malattia rara causata da disordini genetici della pelle che ne provocano una desquamazione generalizzata a cui si aggiungono fastidi intestinali e nella respirazione. Il papà Francesco, bracciante agricolo, e la mamma Teresa, casalinga, non possono garantire le cure di cui il figlio ha bisogno.

Questa patologia che colpisce un nato su 1300, non ha ancora una cura definitiva. Continui antibiotici per le infezioni e pomate, trattamenti lubrificanti per alleviare i fastidi della frizione e imbottiture e specifici bendaggi accompagneranno Luigi per tutta la sua vita. Ma come può fare se la Asl non li fornisce? Eppure, per legge, ha il diritto di ricevere assistenza dalle istituzioni, quelle a cui si rivolge disperato il papà.

Una legge regionale del 2000, da quanto si legge nel comunicato dell’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico “E. Medea”, prevede la remunerazione dei costi standard dell’assistenza ai 57.158 pugliesi affetti da malattie rare, la cui maggioranza è costituita da individui sotto i 20 anni. E le cifre per gli assegnatari sono stare riviste nel 2008 ed è stata aggiunta la clausola dell’obbligo di aiuto economico non solo per il primo periodo della malattia, ma un appoggio a lungo termine.

Inoltre la Puglia ha costituito nel 2003 la “Rete regionale per la prevenzione, sorveglianza, diagnosi e terapia delle malattie rare” disponendo 84 presidi in tutti il territorio regionale che aiutano a riconoscere le patologie e non abbandonare chi ne è affetto. I malati hanno sì bisogno di assistenza, ma anche e  soprattutto economica.

Angela Nitti