Si tratta di frasi scritte a mano che esprimono il disagio e il tormento dei coniugi De Salvo per la loro condizione di “ultimi della società”, il senso di fallimento per la perdita del lavoro, l’impotenza delle loro grida d’aiuto verso amministratori locali, ministri nazionali e agenzie di stampa.

«Vivere senza un lavoro – si legge in uno dei tanti messaggi di Salvatore, diffusi sul web – specie se si è in età avanzata ma ancora produttiva è peggio di una diagnosi di cancro: mentre questa ti conserva la dignità e gli affetti, la condizione di disoccupato, oltre a spingerti a rinunciare alla vita, ti fa perdere la dignità, gli affetti e gli amici. Da malato ti sono tutti attorno, premurosi e generosi, da disoccupato tutti ti evitano, giudicandoti un incapace degno soltanto del minimo vitale».

“Amore mio, ti prego, aiutami a morire, non sopporto più di vivere così, non sopporto più di vederti così”, gli avrebbe chiesto la moglie, secondo quanto si legge in un altro messaggio inviato agli amministratori regionali tramite il web.

Nella stanza dell’albergo, infatti, oltre ai pacchi delle lettere inviate alle diverse autorità, sono state trovate delle confezioni di barbiturici, farmaci che, se assunti in grandi quantità, possono provocare la morte. A ulteriore conferma dell’ipotesi del suicidio sarà l’esito dell’autopsia prevista per oggi.

Sulle difficoltà economiche della coppia e sugli aiuti forniti dal Comune di Bari in tal senso, l’assessore al Welfare, Ludovico Abbaticchio, ha fornito dei chiarimenti in una nota diffusa oggi:

«L’Amministrazione Comunale di Bari ha garantito ai coniugi De Salvo assistenza e ospitalità sin dal luglio 2007, quando il nucleo familiare, a seguito di sfratto esecutivo per morosità, ha perso la casa. Da quel momento i coniugi sono stati ospitati nella comunità di accoglienza Soleluna e seguiti dai servizi sociali. Non potendo contare sul supporto o sull’ospitalità di parenti o amici – continua Abbaticchio – il 21 settembre 2011, in seguito a ulteriori richieste di proroga di ospitalità, i coniugi sono stati trasferiti in una casa di riposo, l’hotel S. Francisco, sempre a carico dell’Amministrazione Comunale».

In questo modo il Comune, in deroga alle normative vigenti che consentono l’inserimento in una casa di riposo solo ad anziani autosufficienti dai 65 anni in poi (Salvatore ne aveva 64, ndr), dava la possibilità alla coppia di vivere insieme in una camera matrimoniale e, per mezzo del servizio sociale comunale, si faceva anche carico della spesa per l’alloggio.

Alessandra Morgese