Lo scontro tra toghe, che vede coinvolti l’ex pm di Bari Pino Scelsi e il capo della Procura del capoluogo pugliese, Antonio Laudati, segna parità. Il 14 dicembre scorso, infatti, il Consiglio Superiore della Magistratura aveva archiviato il fascicolo a carico di Laudati, aperto su denuncia di Scelsi.

Il procuratore generale aveva segnalato al Csm le presunte irregolarità di Laudati nella gestione dell’inchiesta sulle escort baresi, transitate a Palazzo Grazioli, la residenza romana di Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio all’epoca dei fatti. Per il Csm, le  accuse di Scelsi non avevano trovato riscontro e quindi non sussistevano le condizioni per ritenere che Laudati non fosse più in grado di svolgere le sue funzioni “con piena indipendenza e imparzialità”.

Il Consiglio si era spaccato al momento del voto, dividendosi tra una maggioranza che aveva ritenuto regolare la condotta del procuratore e una minoranza che ravvisava le ragioni di Scelsi. Ora, a distanza di un mese da quel verdetto, le parole dell’ Anm sembrano dar ragione a quella minoranza.

Per l’associazione dei magistrati, coordinata da Luca Palamara, infatti, il comportamento del procuratore di Bari va stigmatizzato. In particolare, l’Anm non condivide l’istituzione di un’“aliquota” della Gdf (cioè di un gruppo di finanzieri alle dirette dipendenze del procuratore, che ne dirige e ne coordina l’operato) destinata al “controllo delle indagini dei sostituti”.

Secondo l’Associazione, il gruppo di militari ha avuto «l’effetto di derogare surrettiziamente alle regole di assegnazione e trattazione dei procedimenti, di svilire il ruolo del singolo magistrato di direzione delle indagini e di ledere l’immagine del singolo magistrato nella percezione della stessa polizia giudiziaria».

In pratica, l’istituzione di questa aliquota, avrebbe minato l’indipendenza e l’imparzialità del magistrato. La replica del procuratore di Bari non tarda ad arrivare:

«Mi corre l’obbligo di precisare per l’ennesima volta che nella vicenda che mi riguarda: non è mai stata “predisposta una struttura di polizia giudiziaria all’interno della mia segreteria”; non vi è mai stato un “controllo incrociato delle indagini svolte in diversi procedimenti penali dai sostituti procuratori”; non sono mai stati messi in atto “comportamenti che si traducono in inammissibili interferenze sugli organi giudicanti”».

L’intricata vicenda aveva avuto inizio l’estate scorsa, quando l’ex pm di Bari, Scelsi, si era rivolto al Csm per segnalare quelle che per lui erano state evidenti irregolarità di condotta da parte di Laudati. Quest’ultimo non aveva tardato a scagliare la sua controffensiva, scrivendo di suo pugno una lettera all’allora ministro di Grazia e Giustizia Nitto Palma.

Così, nello scorso mese di ottobre, l’ex Guardasigilli aveva inviato, negli uffici giudiziari di Bari, un pool di ispettori  coordinati da Gianfranco Mantelli. Del “Caso Laudati” si sta occupando anche la Procura di Lecce, l’unica ritenuta  idonea a deliberare in materia.

 

Eva Signorile