Nel capoluogo pugliese infatti vige un regolamento di polizia urbana vigente dal 1970, che all’articolo 108 recita: “I titolari di esercizi pubblici che a norma del regolamento d’igiene debbono disporre di gabinetti di decenza, sono tenuti a consentirne l’uso a chiunque ne faccia richiesta”.

E’ prevista anche una sanzione per l’esercente che rifiuti l’accesso alla toilette. Come racconta Stefano Donati, dirigente della polizia municipale: “Il pagamento in misura ridotta è di 100 euro, ma se l’esercente rifiuta di pagarlo al momento, tocca poi al Comune scegliere la somma da addebitargli tra un minimo di 25 euro e un massimo di 500 euro a seconda della gravità della trasgressione”.

Ma i baristi rispettano questa norma? A quanto pare no. Un titolare di un bar di  Corso Cavour, si dice da sempre disponibile a offrire il servizio anche ai passanti, ma con un limite: niente carta, niente sapone, niente fogli per asciugarsi le mani. Un altro esercente, si dimostra irritato e ci chiede: “Come ci si deve comportare con vagabondi, zingari, tossicodipendenti, delinquenti, che usano questi spazi imbrattandoli?”. Il giovane titolare di uno dei bar che si trova di fronte l’Ateneo, si dichiara totalmente indifferente al regolamento: si dice disposto a “cacciare a calci nel sedere” le persone che vogliono usare la toilette senza prima consumare.

Su 10 bar del centro cittadino, nove di loro ci hanno fatto usare i servizi senza consumazione, ma buona parte di baristi e camerieri hanno concesso l’uso a mo’ di gentilezza e non di obbligo e metà delle persone sentite non erano a conoscenza della norma. Inoltre, in  otto mancava carta e sapone e in uno non funzionava l’illuminazione.

In uno dei bar, la titolare, alla richiesta dell’uso del bagno, ha  evitato di rispondere e poi, sotto insistenza ha concesso l’utilizzo: la cassetta dell’acqua era sormontata da tre cartelli in cui si ribadiva a caratteri cubitali che “L’uso della toilette è consentito per i soli clienti/consumatori di questo bar.” (nella foto).  La signora è stata informata della norma, ma si è detta indifferente alla stessa: non fa usare i servizi ai passanti per tutelare la qualità del servizio.

Anche i racconti di chi usa il bagno per necessità, senza consumare, danno le dimensioni di quest’ambiguità tra dovere e diritto. Chiara ricorda che “una volta fui quasi buttata fuori a calci da un bar per una pipì d’emergenza”. Alessandro racconta invece una sua esperienza: “Ho chiesto di andare in bagno ma non ho trovato nè carta, ne sapone, ne copri-water. Il titolare mi ha detto che era quello il servizio che offriva”. Poi c’è Anna che afferma: “A sapere prima della norma avrei risparmiato in caffè e bottigliette d’acqua”. Di parere contrario Stefania: si dice “d’accordo a consumare comunque qualcosa nel bar, per risarcire del servizio il titolare”.

Dominga D’Alano

Valeria Dammicco