In altre parole, secondo il Tribunale del Riesame di Bari, Valter Lavitola dovrebbe starsene in carcere, se una previdente fuga all’estero e una conseguente latitanza non lo avessero strappato alle grinfie della Giustizia. Il precedente ordine di custodia cautelare era stato emesso dal gip del capoluogo pugliese per il reato di induzione a falsa testimonianza nell’ambito di una delle inchieste che vorticano intorno al caso delle escort di Bari.

Il legale dell’ex direttore dell’Avanti, Gaetano Balice, ne aveva quindi chiesto la revoca, ma i giudici del Tribunale del Riesame hanno preferito sposare la tesi dell’ordinanza firmata dal gip Sergio di Paola: Valter Lavitola potrebbe inquinare le prove e reiterare il reato. L’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Pasquale Drago, riguarda il giro di prostitute che Gianpaolo Tarantini avrebbe portato nelle residenze private di Silvio Berlusconi, in particolare a Palazzo Grazioli a Roma.

Per la tesi accusatoria, Valter Lavitola avrebbe fatto pressioni sul faccendiere barese Gianpaolo Tarantini affinché rendesse falsa testimonianza davanti ai giudici, sostenendo che l’ormai ex premier ignorasse che le belle ragazze portate dall’imprenditore pugliese, nelle sue residenze, fossero delle “dame di compagnia” a pagamento. Pasquale Drago, inizialmente favorevole alla revoca degli arresti, ha poi abbracciato le tesi del Gip Sergio Di Paola, che aveva emesso il precedente ordine di custodia cautelare.

Secondo Di Paola, l’ex direttore dell’Avanti, nonché ex imprenditore ittico (“pescivendolo” si era definito lui stesso) con aspirazioni a entrare in politica e legami con Finmeccanica, deve stare in galera perché potrebbe inquinare le prove a causa delle ingenti risorse finanziarie a sua disposizione e dei suoi legami con personalità molto influenti. A peggiorare il tutto, ci sarebbe anche il gusto di “Valterino”, come lo chiamano gli amici,  per le telecamere.

Dalla sua latitanza, infatti, ha rilasciato due interviste in videoconferenza: una al programma di Enrico Mentana, in onda su La7 e l’altra per la trasmissione di Michele Santoro, “Servizio pubblico”. Per il gip, in queste videointerviste, Lavitola sarebbe in grado di trasmettere messaggi ad altri indagati.

Il faccendiere è in latitanza da settembre, da quando, cioè, i pm napoletani Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock avevano chiesto e ottenuto il suo arresto. In quell’inchiesta, Tarantini e Lavitola erano indagati per aver estorto 500mila euro a Silvio Berlusconi, allora considerato parte lesa.

Gli stessi pm mutarono il reato da estorsione a “induzione a falsa testimonianza”, Tarantini fu quindi scarcerato. Il fascicolo fu poi trasmesso a Roma, dove si indaga ancora per la presunta estorsione e a Bari, dove è in piedi, invece, la tesi dell’induzione a dichiarazioni mendaci.

 

Eva Signorile