Niente pioggia di collane e altri monili d’oro sulle statue durante le processioni o in chiesa durante l’esposizione ai devoti, comitati rinnovati di anno in anno e una parte del ricavato da destinare in beneficenza. Sono alcuni dei punti contenuti nel documento stilato fin dal 1980 dalla Conferenza Episcopale Pugliese. Un invito ribadito da monsignor Francesco Cacucci, durante l’Assemblea dell’Arcidiocesi di Bari e Bitonto il 18 settembre 2014.

Gli ultimi casi, con le polemiche sollevate per la festa dei Santi Medici a Bitonto e gli imminenti festeggiamenti di San Michele a Carbonara, hanno fatto tornare d’attualità una questione su cui tanti sacerdoti hanno fatto orecchie da mercante per troppo tempo. Cosa succederà, per esempio, alla prossima attesa festa di San Trifone ad Adelfia? Nel video e nell comunicato che proponiamo integralmente, don Carlo Cinquepalmi, ufficio stampa dell’Arcidiocesi di Bari e Bitonto, ci spiega i contenuti del documento. “Molto del caos generato recentemente – spiega Don Carlo – dipende molto da alcuni messaggi e titoli fuorvianti dei giornali”.

 

di Don Carlo Cinquepalmi – ufficio stampa Arcidiocesi Bari e Bitonto

Riguardo gli ultimi avvenimenti che hanno visto coinvolti la Comunità Parrocchiale Santa Maria del Fonte in Bari-Carbonara e in particolare il suo parroco sulla Festa Patronale di S. Michele, si ritiene opportuno fare delle precisazioni e considerazioni.

Su più fronti sono state riportate notizie non corrispondenti alla realtà dei fatti e in alcuni casi esageratamente ingigantite ed esasperate, sia su alcuni Quotidiani sia su molte discussioni nei Social Network.

Da alcuni titoli e da alcune affermazioni si è cercato di tirare in ballo la questione della solidarietà ai “terremotati” come motivo di una festa “sottotono”. Nulla di più falso. È opportuno ribadire che ogni anno e in ogni festa patronale di qualsiasi Città o Paese viene devoluta e messa in bilancio una parte di quanto raccolto per opere caritative e di solidarietà. Era stato già stabilito fin dal 1980 con il Documento della Conferenza Episcopale Pugliese Le nostre feste e ribadito ultimamente dall’Arcivescovo durante l’Assemblea diocesana del 18 settembre 2014: «Nonostante siano già state date indicazioni a riguardo negli anni precedenti, dobbiamo prendere atto di come a volte tali feste siano organizzate con uno spirito poco evangelico. Nella Nota pastorale dei Vescovi pugliesi “Le nostre feste” ci sono indicazioni molto concrete sull’aspetto della carità che deve caratterizzare le feste religiose. Offro un’indicazione impegnativa per tutti, pastori e fedeli: destinare una percentuale della spesa complessiva della festa ad un’opera concreta di carità legata al territorio stesso nel quale si svolge la festa. Tale opera di carità, comunicata alla comunità insieme al programma della festa, sarà vincolante ai fini dell’approvazione della Curia diocesana». Una Festa più sobria o – come riportato – “sottotono” non può “colpevolizzare” la solidarietà. È squalificante anche il solo pensarlo.

I “tagli” alle spese sono invece necessari se quanto raccolto non può coprire il costo di ciò che è stato preventivato. Non si può pensare – a titolo di esempio – una illuminazione sfarzosa se non ci sono delle rassicuranti coperture economiche. Lo stesso vale per ogni voce in preventivo.

Questo non va in nessuna maniera ad inficiare sul rispetto e la continuità delle “tradizioni”, più volte tirate in ballo anche da inopportuni e gravi striscioni e manifesti. Chi sostiene questo dovrebbe chiedersi cosa intende per tradizione. La devozione e la processione in onore di San Michele non sono state mai messe in discussione. Se per tradizione si intende tutto l’apparato di contorno, il folklore, le luminarie, i fuochi, ecc. (che comunque non sono state del tutto eliminate), allora si è capito ben poco di cosa significhi la devozione popolare.

Altri “impedimenti” o “divieti” da parte del parroco sono solo frutto di fantasia e di congetture mirate solo a denigrare e calunniare. Non è minimamente pensabile che un sacerdote possa vietare giostre, bancarelle o cose del genere. Non è di competenza né del parroco, né del Comitato Feste.

A proposito del Comitato Feste, riprendendo ancora una volta il documento Le nostre feste, si ricorda che questi ha una scadenza annuale: viene formato ogni anno e a fine festa rassegna le dimissioni. Ciò è garanzia di trasparenza e di legalità e non rappresenta minimamente un limite. Non è questo che si chiede – a titolo di esempio – anche ai rappresentanti delle Istituzioni civili di non “incollarsi” in maniera definitiva alle poltrone? Perché non dovrebbe valere anche in altri ambiti e in primis in quello ecclesiale?

Un’ultima e importante considerazione: una notizia, un articolo, un intervento, possono e devono diventare uno strumento di costruzione, un fattore di bene comune, un acceleratore di processi di riconciliazione e devono sempre respingere ogni tentazione di fomentare lo scontro con un linguaggio che soffia sul fuoco delle divisioni, ma piuttosto favorire la cultura dell’incontro. Quanto affermato dal Papa al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti italiano, ricevuto in udienza in Sala Clementina lo scorso 22 settembre può essere di aiuto: un giornalismo sano [e un intervento sui Social], afferma Francesco, è quello che evita le chiacchiere ma informa sempre rispettando la “dignità umana”: «Un articolo [o un post] viene pubblicato oggi e domani verrà sostituito da un altro, ma la vita di una persona ingiustamente diffamata può essere distrutta per sempre. Certo la critica è legittima e dirò di più: necessaria, così come la denuncia del male, ma questo deve sempre essere fatto rispettando l’altro, la sua vita, i suoi affetti. Il giornalismo [e i Social Network] non può diventare un’’arma di distruzione’ di persone e addirittura di popoli».