Nell’era in cui in rete ci finisce di tutto, senza filtri e il minimo senso del pudore, ci sono delle censure da social network che proprio non comprendiamo. Passi la discussione sull’opportunità o meno di pubblicare l’autoscatto di Anastasia Chernyavsky – completamente nuda insieme ai suoi due figli, con il seno sporco di latte e una Rolleiflex al collo – ma un dipinto, un’opera d’arte può essere censurata quando raffigura il corpo di una donna? È ciò che è successo qualche tempo fa a Giovanni Gasparro, il noto pittore originario di Adelfia, in provincia di Bari.
«Ciao, una foto che hai caricato viola le nostre condizioni d’uso, pertanto è stata rimossa. Facebook non consente la pubblicazione di foto contenenti immagini di nudo, violente o sull’uso di droghe». È il messaggio che si è visto recapitare l’artista, giovanissimo e per questo molto pratico delle nuove tecnologie, che utilizza per restare in contatto con appassionati, collezionisti, critici d’arte e colleghi di tutto il mondo. I suoi dipinti, infatti, oltre a essere già stati esposti di fianco a quelli di mostri sacri come Guttuso, De Chirico, Picasso, Boccioni, Canaletto e Canova, hanno varcato da un bel pezzo i confini del Belpaese, andando ad arricchire prestigiose collezioni.
La censura in questo caso è arrivata con due anni di ritardo rispetto alla pubblicazione dell’opera intitolata «Femminile». Era il 2011, ma evidentemente non è cambiato molto negli ultimi tre anni. L’opera altro non è che un’allusione simbolica alla maternità; un’indagine sulla personalità della donna e della sua difficile condizione «da qui l’idea della rappresentazione su una rete senza materasso», spiega Gasparro.   «Alla luce di quello che ci propinano quotidianamente i mezzi d’informazione di massa – continua l’artista – sono rimasto sconcertato. Esistono innumerevoli dipinti e sculture che raffigurano nudità senza la benchè minima allusione alla pornografia, esattamente come nel mio caso». Anche le pudiche fedeli della Basilica di Santo Spirito, a Firenze, hanno protestato per il Gesù Crocifisso, rappresentato completamente nudo da Michelangelo. Alla fine però, dopo averlo addirittura coperto con alcuni stracci, anche loro si sono dovute arrendere alla bellezza dell’opera d’arte.
«Molti dei miei dipinti inseriti sulla pagina pubblica di Facebook – conclude il pittore – rappresentano corpi nudi di uomini e donne. Che faranno, cancelleranno tutto? Il rischio è quello che si torni indietro di centinaia di anni. Dobbiamo difendere la bellezza e ciò che di buono abbiamo saputo costruire». Tutto questo mentre su Fecebook circolano immagini, ma soprattutto parole, che dovrebbero realmente essere bandite. Viva l’arte, abbasso l’ipocrisia.